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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Atletica / Quando gli italiani erano i kenyani d'Europa

Martedì 26 Agosto 2014

mei-1


(gfc) Per l’atletica una delle più belle giornate in assoluto. Stiamo parlando del 26 agosto del 1986, come dire oggi di 28 anni fa. Europei di Stoccarda, corsa dei 10.000 metri. Classifica finale: 1. Stefano Mei 27’56”79; 2. Alberto Cova 27’57”93; 3. Salvatore Antibo 28’00”25. Ma in quei giorni non ci fu solo quella tripletta (imitata agli Europei del 1998 nella Maratona), ma una serie di affermazioni nelle corse medio/lunghe da antologia, solo in parte ripetuta agli Europei del 1990. La sfida si ripropose cinque giorni più tardi, sui 5000, con la definitiva consacrazione di Mei che fu secondo (battuto dal britannico Jack Bucker), Cova ottavo e Antibo decimo. Ma prima c’erano stati, nella Maratona, il primo e secondo posto di Gelindo Bordin e Orlando Pizzolato e il secondo di Laura Fogli. Sulle siepi Francesco Panetta, presentatosi solo in dirittura, era stato battuto in volata per 20/100 dal tedesco-est Hagen Melzer.

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Europei / Nuoto e Atletica: un confronto squilibrato

Lunedì 25 Agosto 2014


pellegrini


Si sono conclusi ieri a Berlino gli Europei di nuoto. A seguire d'una settimana quelli di atletica tenuti a Zurigo. Quasi inevitabile un parallelismo tra due avvenimenti di pari portata, almeno in chiave olimpica. Che poi resta il solo parametro che conta. Un confronto pesantemente squilibrato a favore del nuoto con un bilancio finale che parla di 23 medaglie conquistate dai nuotatori azzurri (un record), 15 delle quali solo in corsia (5 – 1 – 9) e per di più con il primo posto nella classifica a punti. Un bottino impressionante a cui – pur con tutto il rispetto per le imprese di Federica Pellegrini, confermatasi in assoluto l’atleta italiana n. 1 – hanno contribuito un gran numero di nomi noti e, soprattutto, meno noti a livello internazionale. In sede di bilancio il CT Cesare Butini ha così potuto ricordare (senza enfasi, …) che dei 42 nuotatori portati agli Europei, in 27 hanno conquistato almeno una finale. Un successo che il presidente Paolo Barelli traduce in un mezzo milione di nuovi praticanti.

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Atletica / Europei '14: considerazioni finali

Domenica 17 Agosto 2014

Si concludono gli Europei. Qualche riflessione. Ultima giornata all’insegna di Daniele Meucci che vince l’oro nella maratona, alla seconda esperienza sulla distanza, e raddrizza una barca che aveva la prua a fior d’acqua. Una gara esemplare, costruita con passaggi regolari e decisa tra il 30° e il 35° chilometro quando, rotti gli indugi, il pisano ha prima ripreso il battistrada polacco (Chabowski) e poi si è avviato da solo al traguardo tagliandolo con 52” di vantaggio sull’altro polacco Shegumo. La giornata si è chiusa con un quarto posto inatteso, e qualche rimpianto, da parte della staffetta veloce femminile, la gara che ha chiuso la rassegna continentale. Il bilancio presenta tre medaglie complessive, quindi, per l’Italia due delle quali dalla strada. Un po’ poco, ma non tanto da avviare i processi. Piuttosto delle riflessiono, in particolare in direzione tecnica, dove le carenze appaiono pesanti. Siamo molto lontani dalla fine degli anni Ottanta, quando agli Europei gli azzurri vincevano 10 medaglie nel 1986 (ultima edizione di Nebiolo) e 12 nel 1990 (prima di Gola che raccoglieva frutti seminati da altri). Poi, nel giro di pochi anni, partiva una progressiva involuzione tecnica alla quale non poteva dirsi estraneo l’attuale presidente Giomi, per un quindicennio vice di Gola con competenze proprio sul settore tecnico.

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Calcio / Tavecchio, un presidente a sovranita' limitata?

Mercoledì 13 Agosto 2014

(gfc) Bisognerebbe ricorrere a Pirandello per cercare il bandolo della matassa che, in un marasma colloso di (falso) moralismo e di (reali) cattive intenzioni, alla fine ha consegnato la poltrona della FIGC a Carlo Tavecchio. Dopo settimane di recite, dove tutti facevano a gara nell'apparire più indiganati degli altri, una gaffe tira l'altra, lunedì scorso Tavecchio ha raccolto il 63,63% dei voti, ha spaccato la serie A più di quanto già non lo fosse, ha rafforzato il suo potere tra i dilettanti (si fa per dire) e i Pro, ha messo nell'angolo il CONI, incautamente andato oltre le sue competenze (ma si può sapere chi è che consiglia Malagò?). Tutto secondo il copione dettato dalla logica più cinica, in barba alle banane e ai vari Oswald. Era questo che si voleva parlando di riforme del calcio? Che Tavecchio sia o meno inadeguato a quel ruolo ognuno resterà delle sue idee. Si può però sin da subito affermare che sarà un presidente a sovranità limitata, schiacciato tra quanti lo hanno aiuto a vincere (tanti) e il risentimento di quanti si sono trovati a perdere (pochi). Quello che stupisce è che quanti lo hanno additato come il nemico pubblico n. 1 erano gli stessi che lo hanno tollerato per quindici anni a capo di quello che dovrebbe essere il serbatoio del calcio nazionale, la Lega Dilettanti.

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Amarcord / Europei 1946: quel lungo volo verso Oslo ...

Martedì 12 Agosto 2014

brera(gfc) Cominciano oggi a Zurigo gli Europei d'atletica. La storia da raccontare ha come sfondo l’estate 1946. E mi piacerebbe la leggessero anche i giovani azzurri volati da Fiumicino a Zurigo. “Erano i giorni – come scrisse Gianni Brera – in cui avere i calzoni malconci non era grosso disonore ancora, perché l’importante era averli”. Da poche settimane un referendum – dopo due anni di guerra civile – aveva stabilito che l’Italia sarebbe stata una repubblica. L'Europa era un immenso cimitero sul quale era scesa, come la chiamò Churchill, una impenetrabile e grigia cortina di ferro. Era l’agosto del 1946. Ad Oslo si disputavano i terzi campionati europei di atletica (i primi s’erano tenuti a Torino nel ’34). Da pochi mesi nello sport s’era costituito il binomio Giulio Onesti / Bruno Zauli, due personalità non sempre in sintonia, ma che si rispettavano pur senza amarsi e che ricostruiranno assieme l’intero sport italiano. Il CONI, con diverse federazioni tra cui la FIDAL, era tornato nei malsani sottoscala dello Stadio Nazionale, al Flaminio, appena riconsegnati dagli americani. Il Foro Italico, come si chiamava ora il Foro Mussolini, era stato requisito per ospitare le salme dei caduti americani in attesa del rimpatrio. In quello scenario, grazie soprattutto ai contatti di Zauli e del conte Alberto Bonacossa (membro italiano del CIO), il rientro internazionale dell’Italia sportiva avverrà proprio a quegli Europei. Il solo paese tra gli sconfitti a figurare sulla pista in terra dello stadio Bislet. 

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