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IAAF / Con Lamine Diack prosegue la "caduta degli dei".

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Giovedì 5 Novembre 2015

PECHINO-2015-3

di LUCIANO BARRA

Le prime notizie mi sono arrivate sul cellulare, mentre mi trovavo in macchina: la polizia francese indiziava Lamine Diack - past-president della IAAF - e uno dei suoi più stretti collaboratori, per vari reati, non esclusa la corruzione. Mancava ancora un'ora alla mia meta, così ho avuto modo di ripassare a mente le tante e tante occasioni di contatto con Lamine, dal 1970 in poi. Meriterebbero un libro i vari aneddoti da raccontare. Chissà, un giorno, ... Ma torniamo alla notizia che, ovviamente, mi ha colpito e mi ha fatto tristezza, perchè rappresenta un altro grave colpo all'atletica, ma mi ha fatto anche sorridere. Mi spiego. Ma c'era proprio bisogno di due Commissioni Etiche - quella della WADA e quella del CIO - ed oltre otto mesi di indagini per giungere a queste conclusioni? Nei vari miei articoli apparsi su www.sportolimpico.it, pur senza entrare in merito, mi pare che da tempo avevo paventato una tale soluzione.

Tuttora considero Lamine - tenendo presente lo standard di "corruzione" africano - una persona onesta. Semmai il suo vero problema sono state le persone che si è scelto e che ha avuto vicino. Ora toccherà all'avvocaticchio - avvocaticchio per la sola struttura fisica - senegalese (d'altronde vi pare logico per una federazione internazionale, per di più con larghi interessi worldwide, avere un avvocato del Senegal, nota patria del diritto?) e, a seguire, anche il figlio, ben noto per gestire sponsor legati a candidature olimpiche e mondiali.

Ma, a proposito di aneddoti, il più divertente lo voglio raccontare. E' accaduto nel 2006, durante e dopo i Giochi Invernali di Torino. Mentre mi trovavo a Torino, fui convocato dall'ex-presidente del CIO Juan Antonio Samaranch, il quale era capace di vedere le cose ed i problemi con largo anticipo su tutti. Aveva notato la situazione di degrado in cui si trovava l'atletica e, nello stesso tempo, aveva mostrato sempre stima nei miei confronti. Va detto che fu lui a difendermi dalle intemperie di Carraro e di Gattai e dalle gelosie di Primo Nebiolo, quando mi risolsi a lasciarlo nel 1991, e fu sempre lui, assieme a Jacques Rogge, che spinse perchè andassi a Torino con Pescante come vide-Direttore Generale dei Giochi.

Quel giorno, nella sua suite, mi disse che aveva parlato a lungo con Lamine Diack della situazione della IAAF. Il Segretario Generale dell'epoca - l'ungherese Istvan Gyulai - era molto malato (e infatti, di lì a poco, si spense a Montecarlo) e la IAAF si trovava da tempo in una condizione di empasse. Samaranch aveva consigliato a Diack di prendermi immediatamente alla IAAF.

Ovviamente la cosa mi riempì di orgoglio. D'altronde, conclusi i Giochi di Torino, essendo ormai in pensione dal CONI, la possibilità mi poteva interessare. Ma venni in seguito a sapere che Lamine aveva detto a comuni amici che io ero stato troppo critico nei suoi confronti e che quindi non mi voleva. Pace per l'anima sua, mi dissi, e forse fu la mia fortuna. Come quella volta che Pescante mi propose a Matarrese come Segretario Generale della FIGC. Avrei mai potuto dire di no? Ma il tutto non avvenne perchè, come mi raccontò poi lo stesso Matarrese, avendo ricevuto anche il parere positivo di Gattai, si insospettì - quasi io potessi essere un suo referente - e disse di no.

Qualche tempo dopo, in quello stesso 2006 - su proposta di Gilbert Felli, l'Excutive Director del CIO - fui nominato nella Commissione di Valutazione per i Giochi Invernali del 2018. Ricevetti la nomina accompagnata da una lettera da controfirmare, e restituire, che indicava le cose non non avrei potuto più fare. La cosa mi lasciò abbastanza perplesso, per qualche centinaio di dollari al giorno e per una decina di giorni.

Nello stesso tempo, stufo della situazione in cui versava l'atletica, nel mese di settembre scrissi una lettera a Lamine elencandogli - in sette pagine - quelli che secondo me erano i problemi da affrontare. L'ho appena riletta e, nonostante siano passati quasi dieci anni, restano gli stessi problemi che ha trovato il suo successore Sebastian Coe.

In quella lettera - "aperta" e inviata anche all'intero Council - elencavo con dati e schede riassuntive tutti gli elementi che concorrevano alla crisi dell'atletica. Aggiungevo alcuni commenti coloriti, quali "il tempo della ricreazione è finito", per concludere che "l'atletica era malata e gli attuali dottori non erano stati capaci di curarla, per cui le possibilità erano solo due: o morire o cambiare dottore e trattamento". In sintesi: l'atletica doveva cambiare ritmo e pelle.

Un paio di giorni dopo ricevetti una gentile telefonata dal presidente del CIO, Jacques Rogge, che evidentemente allertato da Diack, trovava la mia lettera non "compatibile" con il ruolo che avrei dovuto avere nella Commissione di Valutazione dei Giochi del 2018. Rogge aveva inteso che quel "cambiare pelle" fosse da riferirsi al colore della pelle di Diack! Spiegai al presidente che la situazione dell'atletica era veramente drammatica e che non avevo intenzione di abdicare alle mie convinzioni per cui, la soluzione migliore per tutti, era che mi dimettessi dalla Commissione. E così fu, con una comunicazione concordata col CIO. Ma fa ridere pensare che fui subito reclutato per lavorare alla candidatura della città coreana che poi ottenne l'organizzazione dei Giochi. E il tutto per alcune decine di migliaia di dollari in più.

Tornando alla vicenda francese di Lamine, essa segue altre storie di presidenti di federazioni internazionali caduti nello stesso genere di disgrazie. Lascio a voi ricordare i nomi. La verità è che tutto è colpa del sistema per cui le federazioni internazionali sono totalmente fuori controllo. In un mio articolo di quest'anno intitolato "Le federazioni Internazionali e il Movimento Olimpico" - che si rintraccia nell'archivio di www.sportolimpico.it (ma chi non avesse pazienza di cercarlo, me lo può richiedere) - credo di aver sintetizzato il problema.

In tutto ciò il CIO ha le sue belle responsabilità perchè, come "azionista di maggioranza" - grazie alle risorse dei Giochi Olimpici - avrebbe il diritto/dovere di effettuare i necessari controlli. Ed intervenire. E qui non è solo una questione di "scontrini", anche perchè gli "scontrini" in gioco sono di ben diverso valore, a seconda del bilancio delle singole federazioni.

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