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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

I sentieri di Cimbricus / Un 1500 per la grande storia

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Mercoledì 20 Luglio 2022

 

kipyegon 2


“Faith Kipyegon, Gudaf Tsegay e Laura Muir hanno fatto le lepri di se stesse, per un omaggio a un luogo dove il mezzofondo ha avuto uno dei suoi guru (Bill Bowerman) e un simbolo (Steve Prefontaine) rapito giovane dal fato”.

Giorgio Cimbrico

All’imposizione mediatica del calcio femminile (ma ora la morsa si allenterà …), noi vecchi bacucchi possiamo rispondere con le finali donne dei 100 e dei 1500, (finora) le gare più belle dei Mondiali, come tante che fanno parte del nostro passato, che sono riposte nel nostro archivio, nelle nostre commozioni: il duello Simeoni-Ackermann sulla fredda collina di Strahov (un duetto che riportava a quello canoro di Susanna e della Contessa nelle Nozze di Figaro, che proprio a Praga andò in scena con successo), i 400 di Marita Koch a Canberra nello stadio circondato da diecimila eucalipti.

E ancora, certe nitide parabole disegnate da Barbora Spotakova, il piede leggero di esploratrici delle distanze che a loro erano state troppo a lungo negate, l’ombra sottile di Grete Waitz. E andando ancora più a ritroso nel tempo, il profilo severo di Fanny Blankers Koen, le gambe da gru di Jolanda Balas. 

Il nostro magazzino (“nostro” vuol comprendere gli altri aficionados con cui è bello scambiar chiacchiere e lodarsi reciprocamente per certe sublimi intuizioni. In sostanza, non una loggia ma un’innocua bocciofila) è pieno di quelle immagini che trattiamo con la cura dovuta, evitando gli isterismi sempre più vuoti, sempre più assordanti. Viene la voglia di abbandonarsi a un linguaggio empio: non rompeteci più i coglioni, sappiamo benissimo perché certe cose devono essere imposte. Per il denaro, perché il gregge sia sempre più gregge, perché nessuno possa più esclamare il re è nudo, anche quando è nudissimo. L’estetica non è una scienza, ma una buona regola per sopravvivere. Almeno, una volta era così. 

Il proemio è finito e ora via a parlare di questi meravigliosi 1500 in cui Faith Kipyegon, Gudaf Tsegay e Laura Muir hanno fatto le lepri di se stesse rendendo un omaggio a un luogo dove il mezzofondo ha avuto uno dei suoi guru (Bill Bowerman) e un simbolo (Steve Prefontaine) rapito giovane dal fato, anno più anno meno come Masaccio, Pergolesi, James Dean, Jim Morrison. 

Nessuna fase tattica, via subito, lasciando le altre a un abisso: Gudaf, etiope della tormentata regione del Tigrè (le tigrine sono le più belle) ha un passo armonioso, Faith, kenyana della Rift Valley, mimetizza dietro modi gentili caratteristiche da killer, Laura Muir, scozzese nata nei primi contrafforti delle Highlands, ha una volontà ferrea che le alterne fortune non hanno indebolito. 

Alla campana Tsegay è in testa ma ai meno 200 l’attacco di Kipyegon è devastante e non è una novità. Tempi memorabili, da gara ben sostenuta da scanditrici di ritmo: 3’52”96 Kipyegon (che abita dentro le prime dieci prestazioni della storia), 3’54”52 Tsegay, 3’55”28 Muir che avrà anche l’aspetto della piccola fiammiferaia ma risponde perfettamente alla caratteristiche della sua terra: cuore impavido. 

Faith, Fede, è una donnina (1,57 per 43), è nata 28 anni fa a Bomet, nella contea omonima, è due volte olimpionica e ora due volte campionessa mondiale, è mamma di Alyn, nata nel giugno 2017, e moglie dell’elegante Timothy Kitum, uno dei protagonisti del memorabile 800 di Londra 2012, il capolavoro di David Rudisha: a meno di diciotto anni mise le mani sulla medaglia di bronzo correndo in 1’42”53. Se la data di nascita di Timothy è esatta, 20 novembre 1994, l’annuario, conosciuto dagli addetti ai lavori come il Matthews, contiene un errore: è il marito di Faith e non l’etiope Mohamed Aman il primatista mondiale under 18. In ogni caso, il numero 1 della famiglia non è lui.   

 

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