- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

Piste&Pedane / Antonio La Torre: "Famolo strano!"

PDFPrintE-mail

Domenica 8 Agosto 2021


latorre-tokyo


Chiude l'atletica con un bilancio neppure immaginabile: cinque medaglie d'oro e la conferma di un movimento giovane che chiede spazio. Ma più d'una incognita grava sul futuro della federazione e sulla sua struttura tecnica. Possibile?


Daniele Perboni

A Eliud Kipchoge non serviva la seconda vittoria olimpica il maratona per entrare nella storia. Si era già conquistato questo diritto con una carriera a dir poco straordinaria. In quel di Sapporo non ha fatto altro che ribadire una superiorità quasi imbarazzante. Ha disposto degli avversari come meglio ha voluto poi … Quando ha deciso di lasciare la compagnia, al trentesimo chilometro, ha aperto il gas e con parziali di 2’54” per ogni mille metri, sino al trentacinquesimo, si è involato verso la leggenda, affiancandosi ad Abebe Bikila (Roma 1960, Tokyo 1964) e Waldemar Cierpinski (Montreal 1976, Mosca 1980).

I restanti posti sul podio si sono giocati in volata, dove l’ha spuntata l’olandese Abdi Nageeye (2h09’58”) e il belga Bashir Abdi (2h10’00”), ma con oltre un minuto di ritardo. 

Voleva diventare un professionista della corsa per finanziare la sua formazione scolastica, ispirato da Patrick Sang, suo vicino di casa. “Volevo iscrivermi a un'università e seguire un corso di gestione delle risorse umane. Ma a casa non c'erano soldi e ho pensato che se Patrick ci era riuscito, anch'io avrei potuto farcela. Quando avevo otto, nove anni lo vedevo allenarsi e cominciavo a imitarlo”.  Ora corre tra i 200 e i 230 chilometri a settimana, ha vinto tutte le più grandi maratone internazionali ed è salito sul podio di Campionati Mondiali ed Olimpiadi. 

Fuori dai giochi i tre azzurri. Ventesimo Faniel (2h15’11”), quarantasettesimo Yassine (2h19’44”), il trentottenne maratoneta operaio metalmeccanico che ha chiesto l’aspettativa dal lavoro per preparare al meglio questi Giochi. Storia interessante la sua, raccontata sul sito del mensile Correre. Arrivato in Italia nel 1999 con la madre e tre sorelle, per raggiungere il padre, si è avvicinato allo sport seguendo i colleghi di lavoro. Dapprima partitelle di calcio, poi in una squadra vera è propria. Infine, spinto sempre da amici e colleghi, eccolo cimentarsi con il podismo.

Il giorno dopo la prima corsa gli sembrò di essere stato preso a botte, tanto era dolorante in ogni parte del corpo. Con perseveranza ha continuato sino ad arrivare alle soglie dell’eccellenza. Fu allora che Antonio La Torre, il direttore tecnico azzurro, gli fece capire che a quel punto poteva scegliere due strade: continuare a gareggiare inseguendo premi e ingaggi oppure testa bassa e preparare i Giochi. Ha scelto, anche se l’avventura non è andata proprio come sognava. Ritirato Rachid poco prima del trentesimo chilometro.

MEDAGLIE – Dicono numeri e statistiche che abbiamo assistito alla miglior Olimpiade di sempre per quanto riguarda i nostri colori. Secondi nel medagliere, con 5 ori, alle spalle del gigante Stati Uniti, deludenti, in quanto non hanno raccolto come nelle precedenti edizioni. Il medagliere parla chiaro: 1. Stati Uniti 7 ori, 12 argenti, 7 bronzi per un totale di 26 medaglie; 2. Italia (5-0-0 = 5); 3. Kenya (4-4-2 = 10); 4. Polonia (4-2-3 = 9); 5. Giamaica (4-1-4 = 9); 6. Olanda (2-3-3 = 8); 7. Cina (2-2-1 = 5); 8. Canada (2-1-3 = 6); 9. Uganda (2-1-1 = 4); 10. Norvegia e Svezia (2-1-0 = 3); sono 43 le nazioni andate a medaglia. 

LA TORRE – Già avevamo fatto ammenda in occasione dell’oro di Massimo Stano, ora ci cospargiamo ancora il capo di cenere. Alla vigilia avevamo indicato un massimo di due medaglie e una decina di finalisti. Abbiamo azzeccato solo il conto di questi ultimi. Meglio così naturalmente. Le medaglie sono state 5, tutte d’oro, e costituiscono il 50 per cento degli ori dell’intero medagliere olimpico. Segnale inequivocabile di una ritrovata efficienza, competitività e credibilità di tutto il movimento, magistralmente condotto per mano da Antonio La Torre.

Ricordiamo ancora quando, pochi giorni dopo esser stato nominato a capo della struttura tecnica, era il dicembre 2018, ci disse che aveva accettato l’incarico solo a patto che la “politica federale” non interferisse nei suoi piani. Non aveva nessuna intenzione, affermò, di negoziare nomi di atleti, programmi, strategie e percorsi nel tentativo di rilanciare il movimento. “Ci prendiamo tutte le responsabilità di alcune scelte – disse –. Sarò spietato. Dobbiamo metterci in testa che il decentramento così come è stato pensato sino ad ora non ha funzionato. Ora si cambia. Famolo strano”, il motto di allora. È stato di parola e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

RECORD – Oltre alle medaglie sono arrivati anche diversi primati nazionali. Undici per la precisione. Via con i “migliori”, anche senza scomodare il Palmiro dall’inchiostro verde. Marcell Jacobs: 100: 9”94 (Bt), 9”84 (Sf), 9”80 (Fin). 4x100 U: 37”95 (Bt), 37”50 (Fin). 4x400: 2’58”91 (Bt), 2’58”81 (Fin). 4x100 D: 42”84 (Bt) (Siragusa, Hooper, Bongiorni, Fontana). Luminosa Bogliolo: 100H: 12”75. Daisy Osakue: Disco 63.66 (eguagl.). 4x400 MX: 3’13”51 (Scotti, Mangione, Borga, Aceti).

 

Cerca