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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

Duribanchi / "La vita e' come una foglia, verdissima prima, ..."

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Martedì 3 Novembre 2020

 

proietti 


“Me la disse con cadenza romanesca. Ebbi l’impressione che citasse, o almeno si ispirasse, a qualche poeta. Forse il Belli, forse Trilussa. Ma forse era proprio sua”.

Andrea Bosco

Un mondo sta sbiadendo: il mio. Settimana difficile dal punto di vista emotivo. Prima Sean Connery, due giorni dopo Gigi Proietti. Volendo anche il visionario Padre Sorge già direttore di Civiltà Cattolica “che voleva riformare” la Democrazia Cristiana. Ho visto Gigi Proietti per la prima volta all’inizio dei Settanta a Milano al Teatro Lirico in scena in “Alleluja brava gente”, commedia musicale di Garinei e Giovannini dove la star era Renato Rascel, ma Proietti faceva più ridere di Renatino. Aveva nei panni di un personaggio dell’Anno Mille una ironia “moderna”.


Allora scrivevo di sport e mai avrei immaginato che anni dopo mi sarei occupato di Proietti dal punto di vista professionale e che lo avrei intervistato. Rammento una sua frase sulla vita: “E’ come una foglia, prima verdissima, poi ingiallita che alla fine si stacca dall’albero e diventa concime per la terra”. Me la disse con cadenza romanesca. Ebbi l’impressione che citasse, o almeno si ispirasse, a qualche poeta. Forse il Belli, forse Trilussa. Ma forse era proprio sua. Se n’è andato con una mandrakata: nel giorno del suo ottantesimo compleanno. Forse perché “er monno infame” gli aveva definitivamente rotto “il ca”.

Due giorni prima del poliedrico Gigi se n’era andato a 90 anni, Sean Connery. Da tempo camminava con l’aiuto di un tutore e di un infermiere e pare non ci stesse più con la testa. Difficile accettare che l’unico vero James Bond, 007 agente segreto con licenza di uccidere al servizio di sua Maestà Britannica non ci sia più. Difficile non ricordare i suoi film. Specie se il primo (che poi era il terzo della serie) lo hai visto in una sala di Cortina, una domenica pomeriggio, nella penultima fila del cinema, assieme a una bella liceale che studiava nel convitto delle Orsoline. Difficile scordare che “Missione Goldfinger” lo avevi poi “davvero” gustato un paio di anni dopo. Visto che quella domenica a Cortina, neppure la tecnologica Aston Martin che anticipava, tra l’altro, il navigatore oggi di serie anche sulle utilitarie, aveva attirato la tua attenzione. Capitava in quella stagione.

Capitava di andare al cinema e di non vedere un solo fotogramma. Sean Connery non l’ho mai incontrato. Mi sarebbe piaciuto: in fondo interpretava (col tempo sarebbe diventato anche un grande attore) un personaggio diventato oggetto di culto. Affascinante e tombeur des femmes. Persino l’omosessuale Pussy Galore (dall’emblematico nome) alla fine gli “cede”. Invincibile con i pugni, infallibile con la pistola, conoscitore enciclopedico dello scibile: dalla scienza all’arte, dalla storia alla letteratura. Impeccabile con lo smoking, fine umorista, eccellente golfista, imbattibile allo chemin e al poker. Belle donne e stupende automobili. Una vita avventurosa, sempre in viaggio nelle località più esclusive del pianeta.

Conoscitore di vini e di whisky. Solo uno scozzese come Connery avrebbe potuto indicare il Teaninich, classic malts quasi introvabile: affumicato e dal forte sapore speziato. Ma James Bond avrebbe certamente saputo dire che la fabbrica fondata all’inizio dell’Ottocento era stata successivamente chiusa. E infine riaperta nel 1990. Solo 007 poteva esigere un Martini “agitato, non mescolato”. La caducità della vita: “è tempo di morire” sussurra spirando il replicante di “Blade Runner”, dopo aver cercato inutilmente dal “creatore” una goccia in più di vita.

Ho compiuto a luglio 75 anni. E mi stanno dicendo che non faccio “una attività indispensabile”. Che devo stare a casa. E che se per caso il Covid mi aggredirà, se mai riuscirò ad arrivare dall’ambulanza ad un letto di ospedale, non è detto che per me ci sia l’ossigeno indispensabile a non farmi crepare. Cosa devo fare, signor presidente della Repubblica? Un vaccino anti Covid ancora non esiste. E a Milano, neppure quelli antinfluenzali sono disponibili. Maggio 2021, ti rispondono se chiami una Asl. Gennaio 2021 se vai privatamente.

Signor presidente Mattarella: la pletora degli incompetenti che ci stanno governando è sempre lì, incollata alla poltrona. Anatre starnazzanti nella melma della palude. In quale azienda del mondo affiderebbero posti di responsabilità a certi impresentabili ministri? Lei mi potrebbe dire che questi incompetenti sono stati eletti dal popolo. E io non voglio essere cinico come Voltaire secondo il quale “quando la plebe pretende di ragionare, tutto è perduto”. Ma, la prego: ascolti gli eletti dal popolo. Ascolti le scemenze con le quali quotidianamente ci ammorbano. Ubriachi di ideologia.

Ogni domenica mattina in Piazza Cordusio a Milano c’è un mercatino dell’antiquariato. Ci vado ogni settimana. Domenica scorsa mentre parlo con uno degli espositori che da anni conosco, si avvicina una signora. Io e lui abbiamo la mascherina, la donna no. E allora la invito ad indossarla. Risposta seccata: “Lei è un vigile?”. Rispondo che no, non lo sono, ma che la prudenza impone di indossarla, la mascherina, stante la situazione nel paese e in Lombardia. Nuova replica: “Imporla è anticostituzionale: nessuno può pensare di ledere i miei diritti”. Mi sono allontanato dicendo – lo confesso, signor presidente – una parolaccia. Ho detto solo una parolaccia, benché le mani mi prudessero.

Dopo mezz’ora sono tornato alla medesima bancarella e il mio amico espositore mi ha detto: “Pensa che quella con la quale hai questionato è un’ex funzionaria del tribunale di Milano”. Non una donna senza cultura ma una persona che dovrebbe avere buon senso. Questa oggi è l’Italia, signor presidente. Un paese ebbro di libertà dove non c’è più confine tra decenza ed indecenza. Tra legalità ed illegalità. Dove conta solo il “mio diritto”. E fa niente se danneggia e prevarica il “tuo”. Faccia una cosa da “presidente”: intervenga prima che sia troppo tardi. Forse è già troppo tardi. Sergio Mattarella è un fervente cattolico. Forse servirebbe fosse, in questa drammatica situazione, un poco calvinista.

Da sempre vado a scovare libri alla Libreria Hoepli nell’omonima via a un tiro di schioppo da Palazzo Marino sede del Comune. La Hoepli è anche una casa editrice: da 150 anni i suoi manuali sono un classico. Di origine svizzere, calvinisti con una idea del lavoro come espressione massima verso la società, gli Hoepli, accolti da Milano, alla città hanno lasciato, oltre che una indelebile impronta culturale, quel Planetario, (commissionato dal patriarca Ulrico nel 1930 a Piero Portaluppi) che costituisce una delle gemme del capoluogo lombardo. Alcuni di quei manuali sono nella mia biblioteca. Uno lo tengo carissimo, essendo un lascito del mio nonno paterno: “Il manuale del tressette” edito nel 1931. Meraviglioso gioco di carte, simile per concezione “tattica” al più impegnativo e raffinato gioco degli scacchi.

Parlo mal volentieri di sport, perché senza il pubblico lo sport, a mio parere, non risulta più tale. Diventa una esibizione didascalica, ridotta nelle emozioni, depotenziata nella gioia per un gol o un canestro, un rovescio lungo linea o una meta in mezzo ai pali.

Nel calcio il Milan continua a guidare la classifica, prendendo ad ogni vittoria ulteriore autostima. I “nonni” Ibra e Ronaldo hanno riempito le pagine dei giornali. La nouvelle vague si chiama Sassuolo. Le delusioni di giornata, Inter e Napoli. Risorta la Juventus (brutalizzata dal Barcellona) dopo aver spezzato “le reni” allo Spezia. Tra VAR e polemiche su rigori e offside, il circo dopo il campionato si dispone alle coppe europee. E subito dopo all’inutile Nations League. “Non si uccidono così anche i cavalli?”: era il titolo di un film. Gara (infinita) di danza con lucroso premio finale. Alla fine il problema è sempre quello: la crana, direbbe l’impareggiabile Fattilicazzitua, ex senatore Razzi.

Nel basket non si ferma la marcia dell’Armani Milano. Squilli anche da Sassari e da Brindisi. Nonostante un grandioso Pistol Tonut, la Reyer implode al Taliercio con un quarto finale da incubo davanti alla Virtus e alle rapine dell’Arsenio Paiola. Mancava Watt e un paio (Daye e Vidmar) erano in campo pur acciaccati. Reyer senza benzina, sei punti a referto in un quarto, ventiquattro (in totale) palle perse. Solo questo? No. Se non hai gioco interno (perché non hai giocatori da gioco interno) devi affidarti alla lotteria del tiro da tre. E se il tuo Bramos ne mette solo uno in tutta la serata, anche i prodigi del tuo Tex Willer brianzolo (tutti associano Tonut a Trieste e Venezia, ma il figlio di Alberto è nato a Cantù) finiscono per non bastare. Infine: ho visto uno che non conoscevo nella Virtus Roma vittoriosa a Brescia: Baldasso. Davvero interessante.

 

 



 

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