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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

I sentieri di Cimbricus / In questo mondo senza memoria (e cultura)

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Domenica 5 Luglio 2020

 

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Intervenire sul corso della storia, deviando, censurando, omettendo, può riportare a tempi bui o condurre drammaticamente a un presente stupido, vano, vuoto.

Giorgio Cimbrico

Ogni tanto anche a me vengono buone idee, discrete immagini. Di solito, capita in un lampo. Questa ha anche un nome, un titolo, fate voi: la storia e i castori. Estendendola, potrebbe suonare così: come una numerosa e sempre più impegnata famiglia di castori sta tentando di deviare il corso della storia, che è stata giustamente accostata a un largo e non placido fiume. Cominciamo da casa nostra, il mondo dello sport olimpico. L’atletica vive di singolari e inaspettati Messia. Erano o sono puliti? Il giornalismo cosiddetto d’inchiesta si è rivolto spesso gli archivi, alla ricerca di clamorosi scoop a miccia molto lunga.

Nurmi faceva la pubblicità a una sostanza che si dice avesse effetti anabolizzanti. E allora, cosa vogliamo fare? Potrei anche aggiungere che le terribili DDR, oggi tutte attestate tra i 56 e i 65 anni, sono vive e vegete. Oltre che ottimi allenatori, avevano eccellenti somministratori? Doping di stato, Stasi, Grande Satana: con gli adesivi a pronta presa si turano anche i buchi, i vuoti.

Abbattere statue, stracciare bandiere, cancellare simboli come stanno alacremente facendo in molte parti di questo mondo sempre più abitato da baccelli vuoti? O ricordare il passato per quel che è stato? Brutto, sporco, cattivo ma anche cosparso di momenti celestiali. Storie di baci e spari, diceva Hugo Pratt che viveva nel sogno e sognava la realtà. Ed era bravo a disegnare gabbiani e divise militari, donne del mistero e bricconi.

Poco fa mi è caduto l’occhio su un titolo: “Al Pacino, Shakespeare è violento”. E, se è per questo, è anche antisemita: vedi il Mercante di Venezia. Consiglio di non rappresentarlo più o di tagliare tutte le parti in cui si fa uso di coltelli, daghe, draghinasse etc o, semplicemente, di parole minacciose, come quelle che Enrico V pronuncia davanti alla breccia di Honfleur. Con una bella opera di “mondatura”, l’effetto sarebbe irresistibile: Cesare non viene pugnalato e non si capisce perché Marco Antonio offra quel meraviglioso e astuto elogio funebre, forse a Cesare è venuto un infarto, un ictus. Riccardo III, trovato un cavallo, si allontana incolume dal campo di battaglia e Macbeth dà vita, con le streghe, a una comunità vegano-macrobiotica tra le montagne scozzesi. Con quel pentolone possono preparare quel che vogliono.

Vedo malissimo anche Omero: l’Iliade è piena di ammazzamenti e il finale dell’Odissea, che secondo me ha ispirato Sam Peckinpah per il Mucchio selvaggio, è cruento. Per di più ci vanno di mezzo anche delle donne, le famose ancelle infedeli che vengono impiccate. Terribile, non si può.

Rido, sorrido, mi incazzo, perdo il filo, lo ritrovo o penso di ritrovarlo. La domenica, all’Angelus, il Papa dovrebbe calendarizzare una lunga serie di scuse: sotto le insegne della Chiesa, massacrati gli albigesi (e chi li massacrò venne nominato Defensor fidei), gli abitanti di Gerusalemme e altre città della Terra Santa, quelli di Costantinopoli, gli indios delle Americhe che, dicevano i monaci là spediti, non avevano l’anima e così non si distinguevano dalle bestie. Il Bignami a cura di Cimbricus può andare avanti con la guerra dei Trent’anni che dopo quattro secoli ha ancora un posto di riguardo nella “list” dei conflitti scatenati per motivi religiosi, capaci di ridurre l’Europa un cumulo di rovine e un luogo ideale per qualcosa molto di moda: la pandemia.

Questi sono solo alcuni esempi e, per chiarire, non voglio scuse, tantomeno da Francesco che in questa galleria di mostri o di imbecilli che incombono, è una persona colta, simpatica, umana. Passando al condizionale, vorrei solo che i “castori” finissero come la maggior parte di quelli veri che poverini vennero spazzati via dall’uomo.

Non è per praticare il realismo ingenuo – una cosa è così come appare – ma intervenire sul corso della storia, deviando, censurando, omettendo, facendosi assalire da pruriti, da ipocrisie, può riportare a tempi bui o condurre drammaticamente a un presente stupido, vano, vuoto.

Da un mese uno degli argomenti in Inghilterra è: è lecito che il pubblico di Twickenham canti Swing low sweet chariot? E’ un vecchio spiritual, che con l’isola non ha nulla a che fare e che venne adottato definitivamente quando un giocatore scuro di pelle, Chris Oti, segnò tre mete all’Irlanda. Pare che il canto abbia radici nell’America schiavista. E così? E così, dicono, è necessario che la gente sia educata, che sappia quel che sta cantando. Nella mia ventina di pellegrinaggi nella Fortezza ho capito che viene usto perché è solenne e coinvolgente e che il testo si riassume in due brevi strofe in cui non c’è traccia, di razzismo. Faccetta nera era un’altra cosa. Che poi il pubblico di Twickenham sia al 99% bianco, questo è un altro conto.

In questo mondo senza memoria, senza cultura, senza bellezza, dove il gesto più consueto è quello di un dito che scorre su uno schermino per aderire a una menzogna, inneggiare non so a che cazzo, la semplicità perduta appare come la pietra filosofale che Rodolfo d’Asburgo inseguì inutilmente. Su quella collina praghese fece molto meglio Sara Simeoni.

 

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