I sentieri di Cimbricus / "Dio mio, sono negro: non me n'ero accorto!"
Domenica 8 Dicembre 2019
"L’indignazione a comando o indotta o astutamente cercata mi ha sempre fatto l’effetto di quella roba che è spiacevole calpestare, specie se l’inconveniente capita in una calda giornata."
Giorgio Cimbrico
Capita da diversi secoli: in Olanda sono i giorni di Santa Klaus e uno dei suoi aiutanti è nero: proteste, accuse di discriminazione. In diverse opere di Veronese, di Tiepolo, di pittori inglesi del Settecento figurano servi e valletti neri: propongo la linea di condotta adottata dal regime di Ceausescu quando qualche calciatore o giocatore di rugby sceglieva l’Occidente veniva estirpata la testa dalla foto. In questo caso, evitando l’acefalia, sarebbe sufficiente una mano di biacca per gli affreschi e un taglierino per le opere su tavola.
Uno dei tre Re Magi di solito è nero. Riflettere e agire di conseguenza per evitare sommovimenti social quando i tre sovrani montati su cammelli faranno la loro apparizione in questo periodo di festività.
Black is black: meglio evitarla o di inserirla in compilation. Vale anche per la versione francese di Johnny Halliday.
Di fronte a difficoltà economiche, a tensioni sociali, proibito dire: il futuro è nero. Oscuro, incerto, è più corretto.
Il whisky Black and White cambierà nome: il cagnolino (westland scozzese) di pelo scuro è esposto al pubblico ludibrio. Rimediare.
Fare esclusivamente riferimento al luogo in cui vennero dipinte (la Quinta del Sordo) quando si parla delle Pinturas Negras di Francisco Goya. Sperando che i non udenti non promuovano una protesta. Pardon, un class action. O promuovano una mobilitazione. Pardon, una flash mob.
Intervenire sulle collezioni dei giornali, siano esse cartacee o digitalizzate. Posso testimoniare che sulla Gazzetta del 6 agosto 1936 il titolo è: il negro Jesse Owens vince anche i 200.
Qualche anno fa non sapevamo cosa fosse il Black Friday. Al massimo, chi aveva coltivato studi storici ed economici, sapeva del Giovedì Nero a cui era seguito il Martedì Nero. L’uno e l’altro hanno da poco raggiunto il 90° compleanno.
L’indignazione a comando o indotta o astutamente cercata mi ha sempre fatto l’effetto di quella roba che è spiacevole calpestare, specie se l’inconveniente capita in una calda giornata.
Il manifesto delle società di calcio contro il razzismo somiglia al foglietto agitato da Neville Chamberlain al ritorno da Monaco, nel 1938. Era un pezzo di carta. Ai prossimi versi della scimmia diranno che boh, può darsi, qualche mela marcia, qualcuno che con il calcio non ha niente a che fare.
Invidio a Michele Serra la citazione (di Lenny Bruce) che ha fato ieri sull’Amaca: il razzismo sarà finito quando potremo dire senza problemi che anche un nero può essere uno stronzo. Bruce era ebreo e di queste faccende ne capiva.
Di tutto il casino che è scoppiato per la prima pagina del Corriere dello Sport, non ho capito niente. Qualcuno mi ha detto: sai, è un argomento delicato, … Ma come, un difensore centrale a occhio direi con origini caribiche e un formidabile attaccante congolese faccia a faccia. Cosa avrebbe dovuto dire Joseph Ratzinger quando, dopo la sua elezione al Soglio di Pietro, il Manifesto titolò “Pastore tedesco”?
“Ma tu come vivi la tua condizione di britannico di colore?” domandarono una volta a Daley Thompson. “Dio mio, sono negro? Non me ne ero mai accorto”.
Comunque, Black Power a tutti. Ma ve la ricordate Angela Davis?
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