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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

Direttore: Gianfranco Colasante  -  @ Scrivi al direttore

I sentieri di Cimbricus / "Two world wars and one World Cup"

Lunedì 20 Luglio 2020

 

charlton


La partita lontana mezzo secolo abbondante, vista dai 96.924 dello Stadio Imperiale, da 32 milioni e 300 mila britannici grazie alla BBC (è ancora un record) e da 400 milioni nel resto del mondo: un invito a una passeggiata nei corridoi del tempo. Cosa successe dopo?

Giorgio Cimbrico

Jack Charlton è il sesto “eroe di Wembley” che se ne va: aveva 85 anni. Della squadra di Alf Ramsey, che il 30 luglio 1966 conquistò il titolo mondiale battendo 4-2 la Germania Ovest, sono rimasti il difensore George Cohen, il mastino Nobby Stiles, l’attaccante Roger Hunt, Geoff Hurst, autore dell’unica tripletta in una finale mondiale, e Bobby Charlton, due anni più giovane del fratello, n.10 tra i più nitidi nella storia del calcio, Pallone d’Oro nel ’68 quando il Manchester United conquistò la sua prima coppa dei Campioni. .

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Osservatorio / Mennea: aiutatemi a ricordare meglio

Sabato 18 Luglio 2020
 
mennea-alco


In margine ad un nuovo episodio su Pietro che vorrebbe dilatare la sua grandezza da atleta proiettandola sul quotidiano. Senza che storicamente l’una aiuti l’altra e gli renda compiutamente ragione.

Luciano Barra

Brutta cosa l’avanzare dell’età che ti cancella dalla memoria cose accadute decenni prima. Questo mi sta accadendo con molti fatti che vengono oggi ricordati, in forma postuma, su Pietro Mennea particolarmente quelli relativi ad episodi accaduti fuori dalla pista di atletica. Ovviamente la mia memoria non ha mai cancellato tutti i grandi momenti agonistici che in circa 20 anni hanno fatto di Pietro uno dei più grandi atleti dello sport italiano. Il tutto sugellato da quella incredibile vittoria ai Giochi Olimpici di Mosca 1980. A proposito, va ricordato come quell’anno fu molto tribolato per Pietro e la sua presenza ai Giochi era stata in dubbio fino alla fine, causa la non grande forma dimostrata nella prima parte della stagione agonistica (forse per un leggero infortunio, di questo la mia memoria non è sicura).

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Piste&Pedane / Una ripartenza a suon di musica

Venerdì 17 Luglio 2020

 



Da Savona una serie di eccellenti spartiti: sul leggio più alto la giovanissima Larissa (18 anni domani, auguri!) che inseguendo la madre si insedia nei piani alti del lungo e promette di andare molto molto lontano.

Daniele Perboni

Fuochi d’artificio, mortaretti, triccheballacche, putipù, rumbe e tarantelle per festeggiare i risultati tecnici di Savona. Fisarmoniche e doppi flauti per sognare e immaginare dove potrà arrivare quella figlia di due gran talenti, uno nostrano, il padre Gianni Iapichino, l’altra d’adozione per matrimonio, Fiona May. Lontano? Forse anche più della madre (7.11, Budapest 22/8/88). Il 6.80 (+0,7) di Larissa apre squarci profondi nella specialità di casa nostra. Per ora limitiamoci a ipotizzare allori futuri, senza tentare iperboli infinite, specialità in cui siamo maestri.

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Italian Graffiti / "Il suo programma mi pare troppo ambizioso"

Mercoledì 15 Luglio 2020


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Il Testo Unico dello sport ha iniziato il suo iter che dovrebbe portarlo all’approvazione del CdM entro l’estate. In ballo il futuro – come sostiene il ministro Spadafora – “di decine di migliaia di lavoratori”. E allo sport, quello olimpico, chi ci pensa?

 

Gianfranco Colasante

Sia pure a malincuore, appartengo ad una generazione che andava a scuola per imparare (qualcuno ricorda cos’erano una volta gli esami di Stato?). Ebbene, dell’ultimo anno di liceo ricordo una frase che il professore di filosofia ripeteva spesso: “non è importante cosa farete nella vita, importante che impariate a fare bene il mestiere per cui verrete pagati”. Non so se i politici di successo che oggi affollano questa nostra derelitta repubblica concorderebbero, ma sarebbe già tanto se almeno provassero ad impararlo quel mestiere per cui li paghiamo. Ma devo convenire con voi che forse chiedo troppo.

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I sentieri di Cimbricus / E venne il giorno della Grande Disgrazia

Mercoledì 15 Luglio 2020


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Capita che spesso sia il senso di sicurezza a fregare, a disegnare crepe su facciate perfette. Specie se in ballo ci sono i destini di due squadre e dei paesi che rappresentavano. Come al Maracanà, ma anche a Berna.


Giorgio Cimbrico

 

Raccontano che Obdulio Varela – un nome tremendamente letterario per il capitano di una squadra di calcio – se ne andasse solo per le vie dolorose di Rio sino a trovare un caffè appartato. Ordinò una birra e mentre la schiuma svaniva, respinse gli scugnizzi che, come faceva lui chico nelle strade di Montevideo, vendevano giornali listati a lutto e pensò a quel che era avvenuto poche ore prima: il giorno dei giorni degli Orientales era anche il giorno della Gran Disgrazia, titolo del Globo, dopo che un generale, Angel Mendes de Morais, prefetto, prima del fischio si era lanciato in un’arringa sull’ineluttabile vittoria del Brasile (“Voi che non avete rivali in tutto l’emisfero sarete acclamati”) e i 199.854 del Maracanà in vecchio e sterminato formato avevano bramito come cervi in amore.

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