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I sentieri di Cimbricus / Il macellaio che invento' il rugby a 7

Lunedì 14 Marzo 2022

 

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Il giorno in cui Ned Haig inventò il rugby a 7 (Seven-a-side, prima di diventare Sevens) è il 28 aprile 1883 e tutto avviene in quell’atmosfera da mondo perduto di una festa semplice per gente semplice e cordiale.


Giorgio Cimbrico

Il giorno in cui Ned Haig inventò il rugby a 7 assomiglia a una delle scene più belle di “Momenti di Gloria”: una festa campestre nelle Highlands, le torte portate da casa, le 220 yards per tutti, dai bambini ai giovanotti più prestanti, sino alla gara-clou quando il capo del villaggio dice a Eric Liddell – internazionale di rugby e ovviamente ospite d’onore – se non è il caso che anche lui scenda in pista, che poi non è una pista ma un pezzo di prato adattato alla bell’e meglio. E lui si toglie la giacca, si rimbocca i calzoni, non allenta le bretelle, corre e vince. Perché, lo diceva anche Isaia, correrai e non sarai stanco. Figurarsi uno pio come Eric.

Il giorno in cui Ned Haig inventò il rugby a 7 assomiglia anche a quella bella scena di Witness – il Testimone, di Peter Weir – quando gli amish costruiscono un granaio, le donne cuciono una trapunta per le notti fredde, con una musica che sembra quella di un corale di Bach, ma al sintonizzatore, e la fatica viene smontata dalla limonata fresca.

Il giorno in cui Ned Haig inventò il rugby a 7 (seven-a-side, prima di diventare Sevens) è il 28 aprile 1883 e tutto avviene in quell’atmosfera da mondo perduto di una festa semplice per gente semplice e cordiale. Le cronache riportano che quel giorno, a Melrose, il programma prevedeva una serie di prove: corse veloci, calci piazzati, drop, un concorso a eliminazione per stabilire chi fosse il miglior dribblatore tra i centri e le ali.

E’ un costume scozzese – sia nelle Highlands, le terre alte, che nelle Lowlands, le basse – che momenti di festa siano ricchi di sfide: ai Giochi Celtici si lancia il pietrone, si scaglia il martello, si proietta verso il cielo il tronco. C’è persino una stranissima disciplina che prevede che un peso con maniglia debba scavalcare un’asticella posta su riti da salto con l’asta. Idem ai festival musicali: si suona la cornamusa, si gareggia per gonfiarla a tempo di record, si danza e i vecchi tamburi maggiori si sfidano in un concorso di etichetta mostrando come si marcia in testa a una banda.

Quel giorno, a Melrose, il solito buffet di cose preparate in casa (conserve, marmellate, torte, biscotti al burro che sono una sfida infernale al colesterolo), di cibi che solo gli scozzesi hanno l’ardire di portare alla bocca (haggis, budino di sugna, ossa di pecora da rosicchiare beati), tutto per raccogliere fondi per l’RFC della cittadina, nato nel 1877, sei anni dopo che a Edimburgo scozzesi e inglesi avevano dato vita al primo scontro internazionale della storia.

Oltre al Melrose ci sono sette altre squadre e c’è giusto un pomeriggio a disposizione: è la fine di aprile e alle 7, a dir tanto, è buio. Ed è qui che scatta il colpo di genio di Ned, professione macellaio, che taglia con un colpo di mannaia una squadra e ne fa due, e che fa a fettine il tempo: dagli 80’ classici escono fuori cinque partite da 15’ l’una. Nella finale annunciata vanno Melrose e Gala: vincono i padroni di casa e ricevono la coppa offerta da un gruppo di signore amanti del gioco. E’ nata la Ladies Cup.

Haig portava il nome di un famoso scotch e di un generale che, poco più di trent’anni dopo, avrebbe portato al massacro le truppe britanniche sul fronte occidentale. La sua vita si svolse senza scosse tra Jedburgh, dov’era nato, e Melrose, dove visse: tra Jedburgh e Melrose, regione dei Borders (il confine con l’Inghilterra è a un tiro di sasso) ci sono 20 chilometri. Proprio a Melrose morì nel ’39, a ottant’anni. Un rustico inventore che chissà se si rese conto di quel che aveva partorito e che sarebbe approdato dall’altra parte del mondo, apprezzato da curiosi e bruni sudditi che abitavano a ventimila leghe sopra i mari. Come giocano il Sevens i fijiani non lo gioca nessuno.

Il baffuto Ned, che non aveva studiato marketing, inventò quel che oggi è di moda chiamare format. Così azzeccato che quando il rugby, dopo ottant’anni, è tornato a bussare alla porta del Comitato Olimpico Internazionale, si è sentito schiudere l’uscio grazie all’invenzione del macellaio che voleva raccogliere qualche ghinea per il suo club. E così Rio de Janeiro avrà il Seven, televisivamente perfetto, facile da capire anche per chi di rugby ne mastica poco, senza le angustie del calcio in formato ridotto. In una parola, divertente.

Se William Webb Ellis, giovinetto codificatore, fu il primo ad essere ammesso nella Hall of Fame (la Galleria della Gloria), subito dopo è toccato a Ned l’originator, come è stato scolpito sulla sua tomba a Melrose. Il campo dove avvenne il miracolo della moltiplicazione delle partite si chiama Greenyards e ricorda un’antica e dolcissima canzone, Greensleeves.  

 

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