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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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I sentieri di Cimbricus / Eliud ovvero l'arte della corsa

Martedì 8 Marzo 2022

 

kipchoge-vienna


Esploratore dei limiti e delle frontiere umane più che semplice e vincente maratoneta. Una galleria di scommesse e di successi: questa è la storia del più grande di sempre (che potrebbe scrivere il suo ultimo capitolo nel 2024).

Giorgio Cimbrico

Eliud Kipchoge ha corso 16 maratone, ne ha vinte 14. Prima sconfitta, a Berlino 2013, dietro Wilson Kipsang da record del mondo; seconda a Londra 2020, ottavo, debilitato da un attacco di otite. A parte le due maratone olimpiche, che si corrono per vincere, non per il tempo – esattamente quello che Eliud ha fatto a Rio e a Sapporo – ha collezionato dodici tempi sotto le 2h06’ e dieci sotto le 2h05’. L’ultimo, molto fresco, è quello di Tokyo, 2h02’40”, quarta prestazione di sempre (tre sono sue), a 61 secondi dal record del mondo, suo anche quello.

Condotto da uno da uno stuolo di lepri e da un raggio magico, ha tenuto il ritmo dei 21 km orari: a Vienna 2019, 1h59’41”. Non vale per le statistiche, vale come esplorazione dei limiti e delle frontiere umane.

Sui sei grandi percorsi Eliud ha vinto a Londra quattro volte, a Berlino tre, a Chicago una, ora anche a Tokyo. Gli mancano solo New York e Boston. Non è noto se voglia riempire le caselle vuote. Non è più un ragazzino, 38 anni a novembre, e l’intenzione è di puntare su Parigi 2024 per la terza vittoria ai Giochi e per lasciare la compagnia di Abebe Bikila e di Waldemar Cierpinski. A quel punto, a 39 anni e 8 mesi, potrebbe dare l’addio e chiudere un’enorme parentesi che il giovanotto nato nel generoso distretto dei Nandi aveva aperto proprio a Parigi, quasi vent’anni or sono.

Eljud compare in scena nel 2003 ai Mondiali di St Denis, in possesso di una data di nascita controversa (il 1986, poi corretto in 1984), in ogni caso, giovanissimo e in grado di piegare, in fondo a un graduale e avvincente aumento della velocità, Hicham El Guerrouj e Kenenisa Bekele, l’uno e l’altro impegnati a centrare la doppietta dopo i successi nei 1500 e nei 10.000. E’ una sorpresa ma non è una di quelle fiamme che si esauriscono in fretta.

La collezione in pista si arricchisce con il bronzo di Atene (gli stessi del podio parigino, ma il marocchino e l’etiope davanti) e l’argento di Pechino (alle spalle di Bekele) mentre ai Mondiali Kipchoge fa la seconda comparsa sul podio (secondo, battuto da Bernard Lagat) ad Osaka 2007. Tutto sui 5000, quella che sembra la sua distanza: al Golden Gala 2004 entusiasmante testa a testa con l’etiope Sileshi Sihine e vittoria in 12’46”53. In pista continua ancora per diverse stagioni e all’esordio sui 10.000 scende sotto i 27’00”.

Nel 2013 nasce il Kipchoge maratoneta: la scelta cade su Amburgo e i 42 km sono lasciati alle spalle in 2h05’30”. Pochi mesi dopo progredisce di quasi un minuto e mezzo: 2h04’05”, a 42 secondi da Wilson Kipsang che arriva alla porta di Brandeburgo in 2h03’13”, record del mondo, uno dei tanti favoriti dalla “berliner luft”, l’aria berlinese. Cinque anni dopo, il suo 2h01’39” verrà proprio su quelle strade.

“E’ meraviglioso essere sul podio con il più grande maratoneta di tutti i tempi”: l’incoronazione di Eliud Kipchoge è venuta dalle parole di Bashir Nageeye, somalo giramondo, ora olandese, medaglia d’argento. La seconda vittoria di Eliud nella maratona olimpica è stata l’unica festeggiata dalla gente in libera uscita sui marciapiedi di Sapporo e nel parco Odori. Hanno avuto la fortuna di assistere a una lezione di arte della corsa, o a quella che è apparsa come una lucida sessione di allenamento, come una capacità di distribuzione delle energie che ha dello strategico e del prodigioso: prima metà prudente in 1 ora e 5, seconda due minuti più veloce, senza che venisse tralasciata una delle caratteristiche, la calligrafia.

Eliud, più che un maratoneta, appare come il corridore di un miglio che sa percorrere ventisei volte di seguito. Non c’è stata fatica, non c’è stato dramma. E’ riuscita persino a guadagnar spazio l’allegria: è capitato quando il brasiliano Daniel do Nascimento gli ha detto di appoggiare il pugno al suo. Che bello poter dire: “Ho tirato il gruppo al fianco del più grande di tutti”.

A Rio Kipchoge era andato via al 36° chilometro; a Sapporo, in un’umidità vicina all’80% costata cara a30 deii 106 al via e che ha spazzato via gli etiopi, ha deciso che la cavalcata solitaria doveva essere più lunga. Poco prima del 30° ha convocato i “gregari” Kipruto e Cherono e ha comunicato che di lì a poco avrebbe dato una dolce accelerata. E così Eliud se n’è andato, con quella corsa centrale, bilanciata, senza dispersioni, così disteso da non stillare sudore. Traguardo passato in 2h08’38”, con 1’28” sul secondo: un margine così ampio non arrivava da Monaco di Baviera 1972 quando Frank Shorter vinse con 2’ abbondanti.

In Kenya lo guardano con affetto, come un ispiratore. “E’ quello che ho sempre sognato, voluto”.

• Record personali di “Kip”
1500: 3’33”20; Miglio: 3’50”40; 3000: 7’27”66; 5000: 12’46”53; 10.000: 26’49”02; Mezza maratona: 59’25”; Maratona: 2h01’39” (ufficioso 1h59’41”).

 

 

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