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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Duribanchi / Il Bel Paese delle mafie e dei pentiti

Martedì 8 Febbraio 2022


drusilla

 

Tutto passa, dall’elezione del capo dello Stato alla kermesse canora (?) di Sanremo. E siamo da capo. Quel che restano sono i soliti problemi. Che da noi, come sempre, fanno becera quotidianità scambiata per eccitante progresso.

Andrea Bosco

Finito anche Sanremo. Archiviata la telenovela “elezione del presidente della Repubblica” (oltre 50 applausi in Parlamento per il discorso di Mattarella, a dimostrazione – ce ne fosse stato ulteriore bisogno – della insignificanza della classe politica che ha trasformato l’aula in uno studio televisivo), è stata messa la parola fine anche alla kermesse canora. Premiato dagli ascolti, Amadeus, potrebbe montarsi la testa e credere veramente che quelli che ha selezionato per Sanremo siano davvero “tutti” artisti.

Va bene i vincitori Mahamood e Blanco (per la canzone in gara e per la reinterpretazione da brividi de “Il cielo in una stanza”. Roba in grado di competere con quella dell’insuperabile Mina). Va bene Elisa, raffinata interprete che avrebbe meritato di vincere. Va bene Cesare Cremonini, trascinante con quella Vespa che ancora non ha smesso di correre sui colli bolognesi. Va bene Gianni Morandi and Jova e va bene (per il marinaio che dei critici se ne fotte) Iva Zanicchi, interpreti senza tempo. Meno bene gran parte del resto della compagnia. Gente che bisbiglia (se va bene), o che urla su assurde parole e note banali. Male i brocchi che steccano, “cantanti” per modo di dire che tra accenti blasfemi, simulazioni sessuali ed esplicite marchette pubblicitarie hanno fatto dell’Ariston una porcilaia.

DRUSILLA – Visto che Amadeus sarà riconfermato, eviti – a parere del marinaio – di imporre simile paccottiglia. E magari valorizzi meglio l’indiscussa mattatrice del Festival: Drusilla Foer, in arte Gori. Se vi hanno raccontato che Fiorello e Checco Zalone sono stati divertenti e graffianti. Se vi hanno spiegato che Sabrina Ferilli è talmente brava e bella da non essere solo per “i cori de Roma”, se hanno applaudito Maria Chiara Giannetta toccante per il monologo sulla disabilità, se vi hanno detto che Lorena Cesarini avrebbe dovuto puntare su un testo meno lungo di quello proposto, se vi hanno spiegato che Roberto Saviano è ormai l’unico “deputato” in Italia a parlare (gratuitamente, meglio specificare viste le polemiche di panna montata gonfiate prima dell’esibizione) di mafia e di pentiti, se vi hanno segnalato che la presenza di Ornella Muti è risultata più insipida di un cespo di sedano appassito, vi hanno presentato (quasi) la verità.

Ma nessuno vi ha veramente spiegato quanto strepitosa sia stata Drusilla. Classe, eleganza, intelligenza (un tocco di cinismo) “en travesti”. Drusilla “vive” una vita separata dal suo creatore. E’ come Odisseo o Holden Caulfield: alla fine quasi ti dimentichi chi li abbia inventati. Drusilla è come Snoopy: il bracchetto filosofo che non sarà mai una “spalla”. In un Festival che ha pavidamente omesso temi di soverchiante attualità (dagli abusi sulle donne, ai preti pedofili, dalla piaga delle periferie violente, alla mala interpretazione – anche in Italia – del Corano) far interagire l’altezzosa ironia di Drusilla con la pochezza di alcuni (presunti) protagonisti sarebbe stata la “trovata” che Amadeus non ha saputo inventarsi.

“Proviamo anche con Dio, non si sa mai” cantava Ornella. Ma se non era “morto” (Nomadi), forse era “troppo occupato” (De Andrè). Cosa altro pensare dopo aver rivissuto l’incubo a distanza di decenni del bambino precipitato in un pozzo profondo? 100 ore di tentativi per raggiungerlo, infine, quando era troppo tardi. Non è solo la morte. E’ il tipo di morte. Il tipo di paura, di sofferenza di quel bambino che ad un certo momento, dopo aver tanto resistito, al buio, oppresso dalla pietra e dalla terra, ha “ceduto”. Forse non si è accorto che la vita lo stava lasciando. Forse si è addormentato. Nel sonno senza fine che ci spegne. Quale è la ratio? Quale è il disegno divino, in questo caso? Aveva dunque ragione Schopenhauer? Siamo inermi formiche che la natura distrugge? Il marinaio ha provato rabbia. Come sempre, quando non riesce a spiegarsi le cose.

DIO – Ha risposto con la incredibile capacità comunicativa che lo distingue Papa Francesco intervistato in diretta da Fazio Fazio su RAI-3: anche Dio, amore assoluto, nulla può contro il Male. Insomma il Diavolo già evocato da Paolo VI. A dire il vero Francesco ha detto anche altro nel corso dell’intervista. Soprattutto una cosa destinata a suscitare un bel casino: tra i porporati e non solo tra di loro. Ha detto il Papa che il principale male della Chiesa è rappresentato dal Clericalismo. Metteteci che il Papa ha rivelato di amare il tango. Che i cattolici conservatori ai tempi di Pio X volevano fosse proibito a causa della eccessiva sensualità. Il Papa volle vedere di cosa si trattasse e alla fine concluse che “gli piaceva di più la furlana” ma che in fondo in quella danza argentina non vedeva “nulla di peccaminoso”. Ma quella linguaccia di Trilussa non perse l’occasione e confezionò la gustosa “Tango e furlana” che inizia così:

“Er Papa non vo’ er tango /
perché spesso er cavajere   spigne e se strofina /
sopra la panza de la ballerina /
che, su per giù, se regola lo stesso”.

Segue il resto: in bello stile.

“Pur assecondando una sempre più diffusa inclinazione alla gamefication (nota del marinaio: non significa quello sembra) questi artisti vogliono accrescere la consapevolezza etica e politica sull’apocalisse insediatasi nel nostro ecosistema”. Vincenzo Trione, apprezzato studioso che firma l’articolo sull’evoluzione del Maxi di Roma, sulla Lettura di domenica, oltre al pensiero accennato, all’interno del suo dotto articolo, auspica la valorizzazione di nuovi linguaggi. Una vita nova per i musei chiamati ad aprirsi ai “territori dematerializzati e liquidi dell’oltremondo”.

Con tutto il rispetto per Trione prima di “aprirsi” sarebbe il caso che la scuola insegnasse almeno la lingua italiana. Il marinaio vorrebbe sapere chi sono i “cani” che hanno concesso una qualche “licenza superiore” a quella elementare alla esponente dei 5 Stelle che dopo aver denunciato il furto del suo cappotto in Parlamento (vestiario che nessuno si era fumato, ritrovato dietro ad un divanetto nei corridoi) ha vergato pensieri grotteschi per contenuto e punteggiatura. Una implacabile sterminatrice di congiuntivi.

Tuoni e fulmini in politica. A destra e a sinistra fronte 5 Stelle. Silente il PD di Letta. Attento alla massima che invita (per vincere) a “non far niente”. Si evitano i danni e si cresce nei sondaggi. Come finirà? Difficile dirlo. Il marinaio non è un analista politico. Ma a naso qualcuno ha lanciato i dadi ottenendo modesti risultati. Un conto è saper fare propaganda, un altro saper fare politica. E la politica prevede – sempre a naso – che la medesima debba (volente o nolente) fare i conti con Draghi. Del quale la politica non si libererà tanto facilmente. Neppure tra un anno quando le Camere verranno sciolte. Ma davvero “verranno sciolte”? Come recitava quel motto latino? Hic manebimus optime. Tito Livio lo attribuisce ad un centurione romano durante un sacco di Roma. Draghi più che un centurione sembra un tribuno. Anzi: molto più che un tribuno. In ogni caso: decisamente non “della plebe”.

MILANO – Il marinaio potrebbe dalla tolda della sua nave vergare un volume sulle crepe di Milano: dalla violenza in ogni zona della città, alla sporcizia nelle strade, dalla Galleria diventata fashion, imbellettata e senza anima dove i marchi del lusso la fanno da padroni, all’internazionalizzazione che ha di fatto reso i milanesi dei panda a rischio estinzione. Vai nella metro o anche solo in strada e senti parlare le lingue più sconosciute del mondo. Così segnalano al marinaio i residenti. Assieme a una piccola anomalia: una delle tante. Con rispetto per il piccolo bar in via dell’Orso che ha esposto un mini dehor per far fronte alla pandemia che gli impedisce assembramenti all’interno. Peccato che via dell’Orso budello di qualche centinaio di metri, dai marciapiedi ridotti e dalla viabilità a senso unico risulti già impedita su un lato (ma a volte anche su quello di fronte) da auto in sosta selvaggia. Nel punto dove il dehor si allunga, serve agli automobilisti slalomeggiare. Risultato: lunghe code davanti al semaforo che immette in Via Verdi, là dove è stata creata la ciclabile più inutile e proterva del mondo.

Non sono risultati inutili i rinforzi di gennaio della Juventus, in gol all’esordio all’Allianz. Vlahovic rammenta John Hansen che il marinaio, bambino, vide all’opera con Praest e Martino. Per lo scudetto è verosimilmente tardi. Ma la Champion’s potrebbe riservare sorprese: il serbo è una forza della natura. E vede la porta. Nessun commento sulla Lega e sulle sue peccaminose vicende: brutta gente la compone. Veramente brutta. Basket: ha rialzato la testa in Europa la Reyer, ma una rondine non fa primavera. Per ora fa Theodore che non a caso in greco significa “dono”. Armani che paga dazio continentale contro la fisicità dei turchi di Sasha e che fatica in campionato al pari della Virtus. Vola Brescia del rinato Della Valle. Sassari KO per il Covid e campionato con più ombre che luci. Visto un Orso giovane che ambiva a fare l’allenatore, fotocopia del giovane Brunamonti: per la serie “separati alla nascita”.

PECHINO – Oro (e argento) di Arianna Fontana a Pechino. Argento di Brignone. L’Italia ha scoperto il Curling. Preoccupano i contagi. L’Italia si è in Cina ammantata di simboli a differenza di altri paesi che hanno voluto segnalare – non indossandoli – la condizione di quel popolo in tema di diritti umani. Ma a Pechino Grillo è un amico. Come Salvini lo è a Mosca. E Pechino, come Mosca eroga gas del quale l’Italia ha estremo bisogno. Visto che persino quanto l’Italia sarebbe in grado di produrre è stato “chiuso”, stritolato tra fobie ambientaliste e burocrazia senza scrupoli. Ma per produrre serve energia. E l’energia prodotta dai pannelli solari è minima dal punto di vista pratico. Dal punto di vista “politico” una utopica puttanata. Ovviamente questo non significa continuare a fare carne di porco del pianeta. Significa procedere per gradi. Evitando di soffocare l’economia.

In Islanda hanno (finalmente) proibito la caccia alla balene. Perché sono “animalisti”? No: perché quel business derivato dalla caccia ai cetacei non è più (per l’Islanda) remunerativo. “Gli affari – spiegava Dumas figlio – sono i quattrini degli altri”.

       

 
 

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