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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Edicola / Tranquilli, allo sport ci pensano le famiglie, ...

Sabato 19 Settembre 2015

PENNETTA-1

Si può o meno condividere l'idea diffusa che la finale tutta italiana agli US Open di tennis - tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci - sia stato il migliore spot dell'anno per lo sport italiano. O almeno così farebbe pensare il viaggio last-minute, su un volo di Stato, del premier Matteo Renzi, accompagnato dal presidente del CONI Giovanni Malagò. Tralasciando ogni commento di opportunità o di costo ricaduto sulla collettività (anche su chi neppure sa cosa sia il tennis) o l'imbarazzante immagine che Renzi e Malagò hanno dato esponendo la bandiera nazionale a testa in giù, si possono fare alcune considerazioni. Tra i molti commenti di maniera, usciti per l'occasione, quello più centrato ci pare apparso sul Corriere della Sera, a firma di Marco Imarisio. Vi si legge: "Quell'evento incredibile, ancora più bello perchè inatteso, è frutto dell'imponderabile che rende lo sport un affascinante mistero, non certo della programmazione di un intero movimento."

Questo forse Renzi - l'indaffaratissima primo ministro il quale, tra un "cinque" e un "selfie", non ha trovato ancora il tempo per nominare un responsabile dello Sport presso il suo governo - lo ignora, e si limite a cogliere quel che il paese offre di meglio, per tradurlo in consenso elettorale. Ma dovrebbe invece ben saperlo Malagò, anche perchè lo hanno messo sullo scranno del Foro Italico proprio per quello, e non per costosi e inutili giochi da ricchi, come pare essere la candidatura di Roma per il 2024. Impegno che lo sta distogliendo da tutto il resto.

Può così proseguire Imarisio: "Pennetta-Vinci è il premio alla carriera per due grandi atlete ma non riflette nulla, neppure lo stato di salute del tennis italiano. I successi delle ragazze pugliesi e delle loro colleghe non sono il prodotto di un sistema, ma di un settore privato, le famiglie, che quasi sempre ha scelto di delocalizzare. Sara Errani, finalista al Roland Garros 2013, e la stessa Pennetta, sono italiane di passaporto ma spagnole di formazione. Roberta Vinci è rimasta qui, spostandosi a Palermo dove ha trovato un coach straordinario come Francesco Cinà, che l'ha fatta fiorire a trent'anni, sempre pagando di tasca propria. Camila Giorgi, madre italiana e papà argentino, è in buona sostanza un progetto padre-figlia cresciuto in giro per il mondo, Stati Uniti, Argentina e adesso Italia, ovunque potesse trovare sostegno economico."

Concetti del tutto estranei all'atmosfera da "feste&cotillon" cui ci hanno assuefatto i vertici dello sport nostrano, dal CONI in giù. Un continuo girotondo che nasconde molte realtà scomode che non si vogliono vedere e affrontare. Allora, tanto per rimanere al tennis, passa inosservata la circostanza che nei primi 300 del ranking mondiale dei giovani figuri un solo ragazzo italiano, Matteo Donati, e non certo in prima fila. Senza voler richiamare la crisi dei centri federali (come quelli dell'atletica) desolatamente vuoti.

E allora? Conclude Imarisio: "Le meravigliose storie di Flavia, Roberta e altre sono un monumento al coraggio della piccola impresa. E se proprio devono essere specchio o metafora di qualcosa, al massimo lo sono di una iniziativa privata che come al solito sopperisce alle carenze di un settore pubblico inefficiente." Difficile dissentire. Con buona pace di Renzi e Malagò che continueranno a volare (a nostre spese) ovunque sia possibile farsi un selfie.     

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