- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Italian Graffiti / Lega delle Federazioni, ultima frontiera

PDFPrintE-mail

Mercoledì 19 Giugno 2024

 

mattarella-ce 

Foto di famiglia con le varie anime dello sport nazionale. Se è anacronistico parlare ancora di autonomia, morta e sepolta con il Totocalcio, si è anche da tempo completato l’accerchiamento da parte del potere politico/statale.

Gianfranco Colasante

Che il Presidente della Repubblica abbia deciso di tornare all’Olimpico in forma privata, per svagarsi con l’atletica e godersi la meglio gioventù, rimane evento inusuale. Una boccata d’aria fresca, lo si può ben capire. Tanto più che subito dopo lo attendeva il viaggio a Borgo Egnazia – la Puglia che non c’è a 4500 euro a notte – e una cena con gli ex potenti della terra con scatenata “pizzica” finale della padrona di casa. Vita da Presidente: e come dargli torto?

Semmai l’occasione, per noi comuni mortali, è stato stimolo per un’occhiata al contorno e qualche riflessione. Un affresco (parola grossa, lo so) sulla variegata e sudata umanità che oggi guida e determina le sorti dello sport nazionale e che s’affollava e sgomitava per trovare posto – anche in seconda fila … purché a favore di telecamere – accanto a Mattarella. Della serie: meno male che c’ero io.

Detto di Eddy Ottoz che festeggiava i suoi ottant’anni annichilendo il Presidente sotto un eloquio irrefrenabile, detto della comparsa del desaparecido Pagnozzi (ma non dovevamo vederci più?) in veste di cavalier servente, detto dello spaesato Malagò che per darsi un tono abbracciava tutti quanti gli capitavano a tiro, c’erano poi gli altri: quelli veri, quelli che contano oggi o conteranno nel futuro prossimo venturo.

Così tra i ministri (quanti?) è comparso anche Giancarlo Giorgetti, capo del MEF e padre della svolta che, dopo oltre un secolo d’onorato servizio, ha ridotto il CONI a poco più di un diplomificio. Cresciuto tra un pugno di case affacciate sul lago di Como, laurea alla Bocconi, messa quotidiana prima di andare al lavoro, tifosissimo del Varese e in sott’ordine del Southampton (“al subbuteo, era la sola squadra rimasta …”, ha confidato una volta), Giorgetti si è intestato la vera “riforma” – termine che fa più moda che attualità – con la creazione di Sport&Salute SpA, il brand (perdonerete ancora …) che tutto determina e decide in nome e per conto del Governo di turno. Anche in virtù del fiume di denaro che è in grado di gestire e distribuire.

Leghista della prima ora, in sintonia o meno col segretario Salvini non è dato sapere, Giorgetti frequenta poco il jet-set della politica: la sua resta presenza discreta e centellinata. Tanto che quel pettegolo di Filippo Ceccarelli (“Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua”: tomo da leggere e da spulciare dopocena) in un migliaio di pagine sulle gesta di “chi conta” davvero, lo cita una sola volta: una cruenta sfida al tiro alla fune sulle sponde del Ticino tra leghisti – piemontesi da una parte, lombardi dall’altra –, finita con una affollata corsa al pronto soccorso.

Governo di destra (ma ne siamo proprio sicuri?) che all’Olimpico, nella foto di famiglia, era rappresentato anche dal ministro dello sport (una feluca che per il vero non ha mai portato molta fortuna) Andrea Abodi – un passato, rivendicato, a fianco di Giorgia nella crepuscolare sezione del MSI di Colle Oppio e molto altro, compresa una sfida persa contro Gravina per la poltrona della FIGC –, il quale a seconda del momento passa dall’essere “l’amico di tutti” ad “una bellissima persona” (copyright Petrucci). In fondo tutti hanno famiglia.

Quanto alle “riforme” – proprio come Gravina – anche Abodi non si fa mancare nulla, dall’annuncio della riedizione dei mitici Giochi della Gioventù ideati da Onesti (ma allora il CONI disponeva di una capillare e autorevole “struttura periferica” che collegava regioni e provincie al potere locale e si muoveva come un esercito), al DL che introduce una commissione di nomina governativa chiamata a vigilare sui (disastrati? traballanti? aggiustati? fate voi …) bilanci delle società professionistiche di calcio e di basket. Un compito oggi affidato alla Covisoc e alla Comtec, entrambi di nomina federale. Certo, sull’argomento tornano in mente le parole del tributarista Victor Uckmar che quel mondo e sottomondo conosceva fin troppo bene: sarebbero oggi da rileggere.

Come finirà questa ennesima “riforma” non lo sappiamo. Al momento è noto solo che per far funzionare la commissione occorreranno 3,5 milioni (ma chi l’ha calcolato?), soldi a carico delle stesse società per prebende ed assunzioni, presumo. C’è chi si straccia le vesti (“perché obbligarci a scegliere tra Gesù e Barabba?”, si lamenta ancora Petrucci) alla sola idea di aprire i libri, mica di portarli in tribunale: ma, tranquilli, com’è noto quando da noi ci si propone di cambiare qualcosa, si nomina una commissione. E tutto rientra serenamente nella norma.

Ma poi a guardarla bene la fotografia del potere politico-sportivo dei giorni nostri, si nota – un po’ defilato – il vero ex-machina. Si tratta del capo di Sport&Salute SpA, il toscano Diego Nepi Molineris, missione dichiarata: “cambiare l’affresco impiantistico e culturale dello sport italiano” (sic dixit). In verità si tratta solo dell’AD, ma visto che del presidente Marco Mezzaroma, rampollo della potente famiglia dei “palazzinari” romani (istruttivo un giro su Wikipedia), di cui nessuno sa dire come ci sia finito, tocca a lui muovere tutto. E sa farlo con una certa determinata disinvoltura. Con un linguaggio volutamente ricercato e condito da spruzzatine filosofiche, si compiace di lavorare “alla creazione di un solido tessuto con gli organismi sportivi e le istituzioni, con l’idea di creare una vera e propria ‘terrazza sinergica’ affacciata sulle esigenze dello sport del Paese”. Più chiaro di così! In piena sintonia col ministro Abodi dall’alto del suo Dipartimento Sport. Of course.

Senese dell’Istrice, in una ventina d’anni trascorsi all’ombra dell’obelisco mussoliniano (a portarcelo pare sia stato il non rimpianto Ernesto Albanese, all’epoca opaca di CONI Servizi), di strada ne ha fatta molta e ora dispone a piacere dei maggiori eventi italiani: dagli Internazionali di tennis al Golden Gala, dal 7 Colli a Piazza di Siena, dal 6 Nazioni di rugby alle finali ATP. Longa manus vista anche in occasione degli Europei, col rifacimento delle piste dell’Olimpico e dei Marmi e (finalmente) la ripulitura dell’intero complesso del Foro Italico.

Tocca anche a lui definire le quote che l’Erario assegna alle Federazioni e agli altri organismi nazionali. A suo insindacabile giudizio. Semmai, è stato già anticipato, per l’anno post-olimpico i risultati di vertice ottenuti a Olimpiadi o Mondiali varranno solo per il 40% nel determinare l’entità dei nuovi contributi. Il resto riguarderà “progetti sociali” e la loro miriade di sigle.

Quanto o meno voluta dalla terna Giorgetti/Abodi/Nepi, l’operazione di accerchiamento del potere politico/statale sullo sport – con le migliaia di atleti di vertice già “a stipendio” nei vari corpi militari, come non avviene in alcun altro paese occidentale – sembra così avviarsi alla conclusione. A parlare di autonomia è rimasto solo Petrucci: ma anche per lui sembra che i bonus siano finiti.

Un po' avvilito chiudo l’album delle foto. Chissà perché mi torna ora in mente una provocazione di Primo Nebiolo: la creazione di una Lega delle Federazioni attestata a difesa dello sport olimpico ed agonistico: ma quelli erano altri tempi. E, soprattutto, contavano su altri dirigenti: eletti dalla base e non nominati dai politici.      

 

  

 

Cerca