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I sentieri di Cimbricus / La soffocante dittatura dell'esattezza

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Domenica 9 Giugno 2024

 

corsa-generica 

I dictat che oggi governano l’atletica sono così perfetti che permettono deviazioni, cambi di direzione, perdoni, assoluzioni d’ufficio, cambi improvvisi nel colore. In nome di una nuova morale o solo dei soldi delle televisioni?

Giorgio Cimbrico

La ricerca dell’esattezza è un’ossessiva costante del nostro tempo. Gol annullati per una punta di scarpa (o di qualche parte del corpo umano) in fuorigioco, mete non concesse per aver calpestato un pelo d’erba bianca di gesso e non verde. L’eterno fascino dell’imprevisto – il gol non gol di Geoff Hurst, la mano de Dios di Diego Armando Maradona – non è più concesso.

Con tutto questo, la raffinata tecnologia ha provato a sottrarre a Benjamin Compaoré tre metri nel salto triplo: 13.92, ha sentenziato il tabellone all’ultimo salto di qualificazione del francese quando l’occhio umano, strumento sempre molto affidabile, aveva colto un rimbalzare sin nei pressi dei 17 metri.

Compaoré non se l’è presa e, sorridente, è andato da uno dei membri della giuria per sostenere i suoi diritti. Poi si è spostato verso la buca della sabbia dove, grazie a Dio, nessuno aveva cancellato le sue impronte. E poi ha avuto un gesto eloquente: “perché non andate a prendere una rotella metrica e misuriamo come ai vecchi tempi?”

Tutto questo ha richiesto una ventina di minuti, sino a quando sul tabellone è apparsa la vera misura, 16.72, del francese che ha insidiato a Yuri Sedykh il record delle unioni illustri: lo scomparso primatista mondiale del martello aveva sposato in prime nozze la bella Lyudila Kondratieva, olimpionica nei 100 a Mosca 1980 e, successivamente, Natalya Lisovskaya, oro a Seoul 1988 e tuttora primatista mondiale nel peso. Benjamin, campione europeo nel 2014, ha avuto una figlia da un’altra sprinter di magnifico aspetto, Christine Arron, primatista europea dei 100, e ora è sposato, con prole, ad Ana Peleteiro.

Chiusa la parentesi costruita su legami famigliari, non resta che procedere su questi nuovi sentieri che governano l’atletica. Così perfetti che permettono deviazioni, cambi di direzione, perdoni, assoluzioni d’ufficio, cambi improvvisi nel colore dei cartellini nel caso della famigerata falsa partenza che costò a Usain Bolt l’esclusione da una finale mondiale che avrebbe vinto. Un esercizio di sadismo e masochismo, qualcuno l’ha definita.

Esiste un’area grigia di interpretazioni: l’atleta ha allentato o no la pressione sui blocchi di partenza? Ha anticipato o no lo sparo? Può essere o meno ammesso a correre sub judice? Gli (o le, nel caso dell’ostacolista polacca) può esser concesso di correre una prova in solitario?

Le situazioni e le incertezze, in questo mondo così perfetto, si stanno moltiplicando: chi, in una gara di mezzofondo, cade ha buone chances di essere riammesso e di correre la finale. Lontani i tempi in cui i severi e spietati britannici dicevano: cade solo chi è più debole. Oggi siamo tutti più buoni, più attenti a un nuovo galateo imposto dalla televisione.

Negli ultimi metri della mezza maratona Pietro Riva ha saltato il tedesco-eritreo Amanal Petros, gli ha fatto ciao con la manina e ha ricevuto un cartellino giallo per comportamento non sportivo. E Tobia Bocchi, che ha atteso a lungo la rimisurazione del salto di Compaoré, ha avuto accesso alla finale pur non essendo finito tra i primi dodici. Aiuto psicologico, 5 cents, chiedeva Charlie Brown per un sostegno mentale. In caso di reclamo l’atletica chiede 100 euro – o dollari – è spesso è così generosa da restituirli.

 

 

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