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I sentieri di Cimbricus / Fury e Usyk: un pomeriggio da riunificatori

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Giovedì 16 Maggio 2024

 

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Il confronto con la saga di Kinshasa, colonna sonora di una stregonesca Miriam Makeba, non regge proprio: troppi gli elementi discordanti. Ma che almeno lo scontro serva a rimettere un po’ d’ordine nella giungla selvaggia delle sigle.

Giorgio Cimbrico

La notte di Kinshasa è lontana quasi cinquant’anni. Ora – sabato prossimo – è il momento del pomeriggio di Riyadh, Arabia Saudita, un tempo felix, oggi molto ricca. Alì se n’è andato, George Foreman è diventato un grosso Budda che ha fatto fortuna con una griglia per barbecue.

E così il ruolo dei riunificatori delle corone (WBA, WBC, WBO, IBF, IBO: troppe) tocca a Tyson Fury, inglese, irlandese e gitano, e a Oleksandr Ustyk, ucraino di Crimea che quando la Russia, dieci anni fa, ha ingoiato la sua terra, ha detto no: “ucraino sono e ucraino rimango”.

Una corona unica dei massimi – undisputed champion, dicono gli anglofoni – manca da un quarto di secolo: ultimo sovrano, Lennox Lewis, britannico di radici giamaicane. Nel primo match contro Evander Holyfield – quello che ebbe mezza orecchia staccata dal morso di Myke Tyson – venne derubato, nel secondo vinse netto, senza discussioni.

Oggi Lennox ha 58 anni, si tiene in forma e pensa che Fury sia il favorito. Parecchi suoi colleghi sono del parere opposto e danno vincitore Usyk che se riesce ad accorciare (la differenza di statura e di allungo è rimarchevole: 2,06 contro 1,91) può mettere in difficoltà il gigantesco Gipsy King, tifoso del Manchester United.

Incroci a non finire tra Regno Unito e Ucraina prima di questa resa dei conti che arriva dopo due rinvii, il secondo per una ferita rimediata da Fury in allenamento: Tyson, così battezzato dal padre, ex pugile, in onore di “Iron Mike”, è diventato campione del mondo battendo Volodymir Klishko, detto il Martello d’Acciaio, fratello di Vitali, che dopo aver chiuso con la boxe è diventato sindaco di Kiev; Usyk, peso massimo dal 2019, ha scalato sino ad arrivare in vetta facendo fuori due britannici, Dereck Chisora e, due volte, Anthony Joshua. Inglese anche l’ultimo avversario che ha incontrato, Daniel Dubois, che ha battuto per kot dopo esser finito al tappeto per un colpo giudicato basso.

Diversi nel carattere, nel comportamento: Tyson è stato beccato positivo alla cocaina, si è visto ritirare a licenza, ha passato due anni lontano dal ring, ha punteggiato i suoi interventi pubblici di battute omofobe e maschiliste, come ultimo avversario ha scelto Francis Ngannou, ex-campione mondiale di arti marziali miste e sostiene di aver già messo da parte 150 milioni di sterline; Usyk, padre di tre figli, è tranquillo, mai gradasso, mai provocatore.

Niente a che fare con la notte di Kinshasa, frequentata da scrittori e musicisti, una lunga saga con la colonna sonora cantata da una stregonesca Miriam Makeba, ma sabato chi vince un pezzetto di storia lo conquista. Campione indiscusso. L’unico.

 

 

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