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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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dall’ Ottocento al Fascismo
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Duribanchi / Un supermarket dove tutti sono in vendita

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Venerdì 30 Giugno 2023

 

jeppson 


Il calcio ha avuto, relativamente al costo dei cartellini, una escalation inarrestabile. E questo nonostante la legge Bosman consenta ai calciatori di chiudere i contratti portandoli a scadenza. Ma in fondo è sempre stato così. E in futuro?

Andrea Bosco

Due cifre, al “calciomercato“, hanno fatto scalpore. I 70 milioni di euro spesi in Premier per i servizi del milanista Sandro Tonali che al Milan era costato (dal Brescia) una quindicina di milioni. E i 400 milioni assicurati a Karim Benzema da un paperone saudita (noto alla cronache per aver commissionato l'assassinio di un giornalista scomodo), un mostruoso triennale per trasferirsi a giocare dal Real Madrid al ricco   nascente campionato del deserto.

Solitamente si fa coincidere il “boom” del calciomercato con il 1952 quando il proprietario del Napoli, nonché sindaco della città Achille Lauro, oltre che proprietario delle omonime linee di navigazione, sborsò per lo svedese Hans Olof Jeppson (centravanti che si era rivelato ai mondiali del 1950) all'Atalanta la bellezza di 105 milioni di lire dell'epoca. Jeppson (nella foto) era un centravanti assai prolifico e presto divenne l'idolo dei tifosi partenopei che lo soprannominarono “Banco e' Napule“ quasi a sottolineare che da solo il calciatore valeva quasi come l'intero istituto di credito cittadino.

Lauro era un personaggio speciale. Vinse le elezioni (era un fervente monarchico) promettendo pane e confezioni di pasta ai quartieri popolari della città. Ma visto che conosceva i suoi “polli” usava una tecnica decisamente “partenopea“ per assicurarsi che i potenziali elettori non barassero. Con la pasta offriva anche una scarpa nuova di zecca. Quasi sempre la sinistra. Con la promessa di recapitare anche la destra dopo che il risultato dell'urna lo avesse confortato. Leggenda o verità, questo di Lauro di dice. Che nel 1965, dopo aver portato a Napoli Jeppson e il brasiliano Vinicio detto “O' Lione“ si concesse (sempre nel tentativo di vincere lo scudetto) di ingaggiare anche Altafini e Sivori, già avanti con gli anni ma ancora eccellenti.

Sivori soprattutto era Maradona prima di Maradona. Alla Juventus aveva fatto il suo tempo. E Gianni Agnelli deciso a dare un “giro di vite“ ad un ambiente diventato troppo “permissivo“ decise: prima di chiamare un tecnico ascetico, Heriberto Herrera che faceva della disciplina il suo mantra. E poi di cedere Sivori diventato ingestibile. Affare imbastito, accordo economico trovato, ma all'ultimo istante prima delle firme, forse spaventato dalla reazione della torcida, l'Avvocato fece un passo indietro. Al che, serafico, il Comandante Lauro, pare abbia alzato il telefono e detto ad Agnelli: “Vabbuono, avvocà: vorrà dire che i motori per le mie due nuove motonavi li commissionerò agli inglesi della Rolls“. Vuole sempre la leggenda che il giorno dopo Omar Sivori fosse sul treno che lo portava a Napoli.

Sivori era costato alla Juventus 175 milioni di lire quando arrivò alla fine degli anni Cinquanta. Con quei soldi il River Plate, la società dalla quale proveniva, rifece parte dello stadio. Il calcio ha avuto, relativamente al costo dei cartellini, una escalation inarrestabile. E questo nonostante la legge Bosman da tempo consenta ai calciatori di chiudere i propri contratti portandoli a scadenza. Ma in fondo è sempre stato così. Negli anni Trenta un operaio in Italia, durante il Ventennio fascista, guadagnava 300 lire al mese. Un laureato di alto livello 1000. Un dirigente 3000. Si affittava casa per 300 lire mensili. Il biglietto del tram costava 50 centesimi. Un abito di buona fattura 230 lire. Un chilo di carne 14 lire. Ma quando alla Juventus dall'Argentina arrivò il fenomeno Raimundo Orsi (una delle più forti ali sinistre della storia del calcio) il Barone (che barone non era anche se gli piaceva farsi chiamare in quel modo) Mazzonis, burbero plenipotenziario di Edoardo Agnelli, ad Orsi concesse 8000 lire al mese, una casa e un Fiat 509. Con 8000 lire all'epoca si comprava una Topolino, con 10.000 una Balilla.

Costò un miliardo, sempre al Napoli Beppe Savoldi, per fare il tragitto da Bologna al Vesuvio. Costò 5 miliardi a Ferlaino (con l'aiuto del Banco di Napoli e di un notabile importante della DC) far trasferire Diego Armando Maradona dal Barcellona allo stadio San Paolo per il delirio della folla. Con Diego il Napoli vinse finalmente lo scudetto. Senza falsi moralismi, il calciomercato è il sesso degli angeli: nessuno può quantificare il reale valore di un giocatore.

Un esempio: Moggi cedette Zidane al Real Madrid per 78 milioni di euro pari a 150 miliardi di lire dell'epoca. Vale a dire un fuoriclasse dal talento incredibile. Beh: per il “bidone“ Arthur, rilevato dal Barcellona, la Juventus ha speso due anni fa 76 milioni di euro. Puoi chiamarti Juventus o Real o Milan e il “pacco“ è sempre dietro l'angolo. Bettino Craxi convinse l'allora presidente del Torino che era suo amico a vendere al Milan il talentuoso Lentini a peso d'oro. Ma Lentini si rivelò inadatto ad un club con le ambizioni del Milan di Berlusconi. Il Real prese dal Chelsea, il fenomeno Hazard che a Madrid di cose fenomenali non ne ha mai fatte. L'Inter di Moratti si imbarcò su un nazionale brasiliano, Vampeta, che andava in campo con rimmel e tirabaci e che Lippi fece giocare per una sola gara: una. Anni dopo sempre l'Inter mise sotto contratto tale Gabi-Gol che sui social faceva giocate impossibili. Ma che sul campo scrisse “virgola“ e poco più.

Non sempre trovi un Messi o un Cristiano Ronaldo. Anche i più celebrati, una volta cambiato ambiente possono fallire. E' stato il caso di Kaka, superlativo al Milan, solo buon giocatore al Real Madrid. Lo stesso Ronaldo il Fenomeno, smessa la maglia dell'Inter non riuscì a ripetersi al Bernabeu. Uno stadio, quello di Madrid, che ti mette addosso una pressione pazzesca. E dove hanno fallito campioni come Anelka, Robben e Huntelar, il centravanti olandese che chiamavano “il cacciatore“ che a Madrid (ma anche a Milano) di “prede“ riuscì a prenderne poche.

Non basta il nome. A volte neppure la competenza. Ci vuole fortuna. Marco Van Basten è stato probabilmente il più forte centravanti della storia del pallone. Lo offrirono alla Fiorentina che lo rifiutò. Poi alla Juventus che spaventata dalle voci sulla caviglia fragile dell'olandese mise sotto contratto Ian Rush, il bomber del Liverpool che era, ai tempi, il più grande “cecchino” del continente. Morale: Rush che non imparò in un anno una sola parola di italiano, fallì. Van Basten preso dal Milan fece le fortune di Sacchi. Moggi prese dal Monaco Henry che alla Juventus Ancelotti faceva giocare terzino. Ma che divenne un superbomber all'Arsenal.

In cima alle valutazioni top dei calciatori oggi è ancora Neymar. Ma presto verrà scalzato da Mbappè, specie se il PSG sarà costretto a venderlo visto che il francese se ne vuole andare da Parigi. Ma presto anche Mbappè sarà scalzato da Haaland, il norvegese di 1.95 che ha cambiato i parametri del ruolo. Oggi gioca nel City neo campione d'Europa. I soldi degli emiri fanno miracoli. Ma sul City pendono 100 procedimenti di infrazione. E prima o dopo (Ceferin non è eterno) qualcuno potrebbe chiedergliene conto.

Oggi il calcio in Italia è diventato un supermarket dove tutti sono in vendita. Il più promettente portiere italiano, Vicario, è stato ceduto in Inghilterra per 20 milioni. Una volta lo avrebbero preso la Juventus o il Milan o l'Inter. Il calcio italiano ha perso appeal: i giocatori se ne vogliono andare. Gli agenti la fanno da padroni. E i diritti televisivi valgono pochi copechi. Perché il calcio italiano non ha più le “stelle”. Perché si gioca male, il calcio più “tattico“ del mondo. E perché metà degli utenti televisivi sono juventini. E gli juventini sono incazzati come scimmie. Con il Palazzo che ha affossato la Juventus (per colpe reali e per colpe immaginarie) ma neppure una multa ha dato alle altre colpevoli quanto la Juventus e più della Juventus. E sono incazzati i tifosi con la proprietà che ha “patteggiato“ (forse per far terminare una stucchevole faida famigliare). Ma molto lo sono i tifosi anche con la società che ha confermato Allegri. Un allenatore che sa vincere, ma che gioca un calcio che non emoziona, un calcio speculativo, un calcio “primo non prenderle“. Un allenatore che “per lo spettacolo“ invita ad andare alla Scala. Ergo: no Juventus? No party, mutuando George Clooney e una celebre pubblicità.

Come se ne esce? Non se ne esce. Il calcio ha voluto darsi una dimensione “statunitense“, alla NBA. Ma non ha gli strumenti per assimilarne i fondamentali. L'NBA ogni anno ha il draft: un meccanismo che permette alle squadre che hanno avuto in regolar season una pessima classifica di scegliere per prime. Quindi di potersi rinforzare con gli elementi migliori usciti dai College. Le università sono i bacini dai quali le squadre professionistiche attingono. Negli States ma anche dall'Europa. Il numero uno al draft del 2023 è stato un francese di 2.21 che palleggia come una guardia e al quale si pronostica un grande avvenire. Non sempre ci azzeccano. Curry, il più grande tiratore della storia dell'NBA non fu scelto al draft tra i primi. Essendo solo 1.85 non sembrava adatto per quei livelli. Pete Maravich era 1.96. Detiene ancora il record assoluto come marcature (44 e rotti punti a gara) al college in un periodo nel quale le università non potevano avvalersi del tiro da tre punti. Passato professionista non fece mai le meraviglie che esibiva da universitario.

L'NBA per evitare situazioni come quelle che sta vivendo il calcio mondiale (la Superlega britannica che prosciuga le risorse delle altre leghe, e la nascente Lega araba, un campionato nuovo di zecca gestito con criteri economici impossibili da pareggiare) ha creato misure come il salary cup. E regole che vietano alle franchigie di superare un certo “tetto“ di stipendi. Insomma se vuoi una star ammesso che una trade ti permetta di metterla sotto contratto) devi liberati di giocatori che assommino almeno il medesimo monte ingaggi della “stella“ entrante. L'NBA non è il paradiso terrestre. Ma ha creato un sistema che consente al medesimo di non implodere.

Ora nel calcio il problema è politico. Con uomini come Ceferin, Infantino (e in Italia Gravina) è impossibile che il Palazzo si doti di norme che evitino gli eccessi ai quali stiamo assistendo.

Ci vorrebbero radicali riforme. Ma come spiegava il tardo latino Velleio Patercolo: “campa cabballus“ …

 

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