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I sentieri di Cimbricus / La dolorosa Waterloo degli inglesi

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Lunedì 13 Marzo 2023

 

france-23 


“La disfatta è stata dura – sennò non si chiamerebbe disfatta –, è stato un violento precipitare sulla terra. Il mondo è cambiato se la Francia segna 53 punti a Twickenham e il Bangladesh mette in difficoltà l’Inghilterra di cricket.”

Giorgio Cimbrico

Nemesi e anniversari nella disfatta dell’Inghilterra a Twickenham, la più pesante della storia del rugby della Rosa dopo un 76-0 vecchio 25 anni contro l’Australia. Ma in questo 10-53 c’è di mezzo la Francia e allora le cose si complicano perché The Crunch, il faccia a faccia tra chi è attestato sulle due rive della Manica, è qualcosa più di una partita di rugby. Settant’anni fa, in un altro tempio, gli inglesi persero la verginità a Wembley, 3-6 con la grande Ungheria (e 7-1 qualche mese dopo al Nepstadion), ma non è la stessa cosa. 

Qui di mezzo c’è una storia di rivalità, di guerre eterne tra mangiarane e bevibirra. Un bel simbolo è il quadro di William Hogarth “La porta di Calais”: gli inglesi stanno per mettere i denti su un bel pezzo di roast beef, i francesi sono dei morti di fame. 

Nemesi, dunque: l’Inghilterra, vent’anni fa campione del mondo, è stata scardinata da parecchi Bleus e il primo a vibrare colpi letali è stato un gigante veloce (2,03 per 116); si chiama Thiebaut Flament, è nato a Bruxelles ma i primi passi ovali li ha compiuti in un luogo che in una ventina di minuti può essere raggiunto, per un’interessante visita, dalla capitale belga ed europea: Waterloo. 

Per i francesi quel nome è una tragedia, per gli inglesi un trionfo: alla gloriosa giornata del Duca di Wellington e al definitivo tramonto del generale Bonaparte (mai chiamato Imperatore Napoleone, loro) hanno dedicato un ponte e una stazione da cui si raggiunge Twickenham, la Fortezza. 

Twickenham non è una fortezza Bastiani. Molti tartari sono arrivati, ci sono entrati dentro e hanno vinto: scozzesi (portandosi via quel gran pezzo d’argenteria che è la Calcutta Cup), irlandesi (sempre spiacevole), gallesi (idem), sudafricani, neozelandesi, persino argentini, vecchi nemici quarant’anni fa nel livido Sud di un altro emisfero. Anche i francesi: nel caso dei Galli o Galletti non capitava dal 2005 – 200° anniversario della vittoria di Trafalgar –, quando Nelson spazzò via dal mare Villeneuve, rimettendoci la palle e venendo rimpatriato in un barile di rum. 

Quando inglesi e francesi si trovano di fronte, la storia e il teatro sono generosi: prima Crecy, nel 1346, poi Azincourt, nel 1415. “Commissari tecnici” dell’Inghilterra Edoardo III e Enrico V: due grandi vittorie esterne, in inferiorità numerica, con apporto decisivo offerto dall’arco lungo, teso da file di inglesi e gallesi che abbattevano come birilli l’aristocratica cavalleria francese. 

Quando inglesi e francesi si ritrovarono dalla stessa parte – era la Guerra di Crimea – il comandante del corpo di spedizione britannico Lord Raglan non era ben cosciente dell’alleato: comprensibile per chi aveva perso un braccio a Waterloo e si era dato da fare per ritrovarlo, dal momento che a una delle dita della mano c’era un anello, dono dell’amata moglie. 

Meno di un secolo dopo, i rapporti tra Winston Chiurchill e Charles de Gaulle, leader della Francia libera e rifugiato a Londra, possono essere riassunti in una frase del primo ministro, bravissimo nel coniare motti memorabili: “Tutti nella vita hanno una croce. Io ho quella di Lorena”. 

Divisi da 35 chilometri di mare, uniti dal tunnel che permette di spostarsi in poco più di due ore da St Pancras alla Gare du Nord, continuano a guardarsi come si sono sempre guardati. 

La disfatta è stata dura – sennò non si chiamerebbe disfatta –, è stato un violento precipitare sulla terra. Il mondo è cambiato se la Francia segna 53 punti a Twickenham e il Bangladesh mette in difficoltà l’Inghilterra di cricket. “Abbiamo insegnato al mondo come si gioca ed ecco quel che capita”.   

 

 

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