- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Una terra che entra nel cuore

PDFPrintE-mail

Venerdì 3 Marzo 2023

 

principality-stadium-1 


Il Galles è piccolo ed è un forziere così imponente, così ricco di miti, che pare impossibile possa contenerli tutti. Terra di antichi cavalieri. Chi entra dentro quelle fibre, dentro quelle storie, ne è coinvolto per sempre.

Giorgio Cimbrico

Dov’è finita la spada – Excalibur – voluta da un dio, forgiata da un mago, posseduta da un re, che, alla morte di Artù, è stata scagliata in un lago e raccolta da una mano fatata? Dove sono finiti i Cavalieri della Tavola Ovale che, mezzo secolo addietro, cercarono e trovarono il Graal sui prati del Cinque Nazioni e al di là degli oceani, nella corazza sottile dei Lions, nella terra della Nuvola Bianca? Cedere all’Italia è stato drammatico, perdere con la Georgia uno shock. 

Chi ama il rugby ama il Galles e quella che un tempo fu una tradizione proletaria, così lontana dalle radici borghesi e aristocratiche dalle quali crescono quelli che abitano oltre il Severn, ficcati in una maglia bianca con una rosa color carminio. 

Di quegli antichi cavalieri che, secondo un’indimenticabile definizione di Paolo Rosi, diedero vita a una “chanson de geste”, alcuni se sono andati: gli ultimi sono stati Phil Bennett, che diede inizio alla meta delle mete (celebrato un mese e mezzo fa il 50° anniversario della fuga per la vittoria di Gareth Edwards) con una serie di finte e di passi incrociati che lasciò di stucco gli All Blacks (quella sì che era una danza …), e non molti giorni or sono è toccato a Tony Faulkner che con Windsor e Price formò una prima linea che i suiveur recitavano con rispetto, con ammirazione. Quei tre erano l’architrave del Galles e dei Lions. 

Il Galles è una strana terra, popolata di gente semplice e menti acute: Carwyn James, condottiero-filosofo; Barry Jones che, come Bilbo Baggins quando infilava l’anello, sapeva scomparire e riapparire; Richard Burton che del rugby diede una delle definizioni più belle, dramma e balletto Jan Morris che, nella sua lunga vita trascorsa prima in un genere e e poi nell’altro, ha disseminato magnifiche cronache storiche e una lunga dichiarazione d’amore per la sua terra partendo dalle albe più lontane; Dylan Thomas, l’ultimo bardo che affogò nell’alcol e seppe lasciare un patrimonio di immagini di foci sabbiose, di pivieri, di venti d’ottobre, di corvi gracchianti; Anthony Hopkins, il cannibale così colto e sottile da risultare simpatico. 

E’ una terra che entra nel cuore. Warren Gatland sapeva che sarebbe stato chiamato a una missione difficile – i ritorni in scena lo sono sempre … – ma quando è stato richiamato non ha avuto esitazioni: per lui il verde Waikato degli antipodi non è diverso da Cymru, la terra dei padri. Chi entra dentro quelle fibre, dentro quelle storie, ne è coinvolto per sempre e pensa che debba sempre essere l’anno del Dragone e che il vento della storia passi attraverso quel lascito reale di un giorno sanguinoso, le Tre Piume.  

Il Galles, in realtà, non è mai riuscito a superare le macerie del muro che nel rugby è caduto nel ’95, non nell’89. Era un piccolo paese felice, florido, generoso, una miniera di talenti anche dopo che i pozzi delle valli erano stati chiusi. A parte qualche eccezione, stagioni di stagnazione di franchigie che non hanno mai funzionato, formazione problematica, investimenti sbagliati. 

In un rugby che dai padroni senza volto ha ricevuto l’ordine di trasformarsi in affare e in spettacolo (quanto questa missione sia andata a segno, ogni dubbio è consentito …), l’unico aspetto che ancora funziona è il monumento che domina Cardiff, il vecchio Arms Park, diventato Millennium, ora Principality, dai cancelli che sono ricamo di ferro e ghisa. 

Lassù, in mezzo a mille problemi e ostacoli (sarà un caso ma a sedare la crisi è stato chiamato Nigel Walker, che di barriere alte se ne intende), Cardiff rimane il luogo di ritrovo di un popolo che sbarca dai treni, di vecchie signore travestite da asfodeli, di caproni dalle corna d’argento, di pane che piove dl cielo che il tetto sia aperto o no, di cori spontanei e sentiti: chissà se i gallesi obbediranno all’ipocrita ordine e non canteranno più Delilah. 

In un mondo sottoposto a continue mutazioni, tutto questo non può finire, non deve finire. 

 

Cerca