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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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I sentieri di Cimbricus / La sesta sinfonia del giovane Armand

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Lunedì 27 Febbraio 2023


duplantis-6.22i 2 

Qualche considerazione a margine di due tra le più interessanti pagine del week end. Il “mondiale” assoluto di “Mondo”, asceso fino a 6.22, e la strenua difesa degli azzurri contro i n. 1 del ranking del rugby.

Giorgio Cimbrico

La storia è una catena di anelli che si saldano l’uno all’altro. Nove anni fa Renaud Lavillenie saltò 6.16 a Donetsk sotto gli occhi di Sergei Bubka che scese nell’arena, di solito adibita all’hockey su ghiaccio, per congratularsi con il suo erede, nato sull’Atlantico e diventato alverniate. Ieri è toccato a Renaud, organizzatore di “All Star Perche”, correre ad abbracciare Armand Duplantis che aveva regalato a lui e alla città di Clermont Ferrand un’ennesima ascensione: 6.22, record del mondo assoluto, il secondo dell’inverno dopo il 23.38 di Ryan Crouser. 

Nel suo sito WA, World Athletics (già IAAF), ha pubblicato l’immagine, bella e commovente. Lavillenie è un giovanotto di buoni e accesi sentimenti, di grande generosità. Lo ha sempre dimostrato. 

Mondo, figlio d’arte, chiude qui il suo inverno e trasforma l’Europeo indoor di Istanbul in una gara equilibrata. Un altro figlio d’arte, Claudio Stecchi, può a questo punto nutrire qualche chance. Un 5.80 alla prima può portare lontano. 

Il record conduce a una serie di rilievi storico-statistici formidabili: è il sesto record del mondo assoluto dello svedese nato e cresciuto in Louisiana, è la sua 60ª ascensione a 6 metri o più: Bubka ne aveva allineate 34. Duplantiis, 23 anni a novembre, campione olimpico, mondiale, europeo, ha a disposizione tutto il tempo che vuole per raggiungere vette che gli altri continueranno a guardare dal basso. I 6.30 non sono possibili, sono molto probabili. A questo ritmo potrebbero arrivare tra un paio di stagioni. 

A Clermont, davanti a un pubblico elettrizzato, Armand è entrato in gara a 5.71, è ricorso alla seconda a 5.91, ha superato alla prima 6.01 e non si è fatto scoraggiare dai due errori contro il record del mondo, arrivato alla terza, con luce piuttosto ampia tra corpo e asticella. 

La quota era entrata nel suo radar sin dalla prima esibizione, a Uppsala, la Cambridge svedese per il cui club d’atletica Duplantis, atleta Red Bull, gareggia: dopo aver ottenuto la miglior misura di esordio, 6.10, aveva subito attaccato il primato. Tentativi anche a Berlino, dopo essersi lasciato alle spalle 6.06. A Liévin si era … fermato a 6.01, per lui ormai pura routine

Le tappe della sua irresistibile ascesa, condotta centimetro dopo centimetro, corrono da Torun, in Polonia (6.17), a Glasgow (6.18), per riprendere dopo due anni a Belgrado (6.19 e 6.20, nel giro di tredici giorni) e culminare nel 6.21 con cui chiuse il sipario ai Mondiali di Eugene, per il momento unico record all’aria aperta. 

Con questo ennesimo volo a quote proibitive per tutti gli altri membri della confraternita del salto con l’asta, Armand, dall’anno scorso residente a Stoccolma e proprietario di un bell’appartamento nel cuore di una città tra le più belle del mondo, chiude la prima parte del suo 2023. Nuovi capitoli nella bella stagione.  

 
La qualità sta crescendo

Dopo un’ora di gioco, sotto di quattro punti con la squadra numero 1 al mondo, la “bestia verde” degli All Blacks. “E alla fine abbiamo vinto noi, per due mete, ma a un certo punto non era chiaro quel che poteva succedere”, confessa il baffuto Mack Hansen, l’ala di Canberra irlandese per parte di mamma, uomo del match.  

E’ la “corona” che, per parte azzurra, finisce sulla testa di Pierre Bruno, genovese di Sestri Ponente, l‘ala dell’agguato che insinua dubbi alle perfezioni dei trifogli: quando i primi 40’ stanno scadendo e la partita sembra indirizzata, Pierre intercetta l’ovale passato senza guardare da Aki – isolano dell’altra parte del mondo, Samoa – e ha 60 metri tutti suoi sul prato dell’Olimpico, una volata in solitario per arrivare in mezzo ai pali, riaprire i battenti del match.  

“Contrattaccare: ora siamo in grado di farlo – analizza Pierre, alla sua migliore partita in azzurro, culminata in progressi anche nel gioco aereo –, con fiducia nei nostri mezzi, per divertire noi e il pubblico. Per crescere ancora è necessario diventare più cinici, diminuire gli errori. Ma la qualità sta crescendo”.  

Lo stile d’attacco, assente per lunghi anni, sta sbocciando. Lo sostengono i tentativi di blitz di Capuozzo e Bruno, la potenza di Lorenzo, il più giovane dei fratelli Cannone, le iniziative nei punti d’incontro di Brex, solisti in un’orchestra che sa soffrire nei lunghi momenti in cui gli irlandesi attaccano frontalmente, a ondate, trovando sempre un argine anche sul drive avanzante, uno dei loro cavalli di battaglia. Quando e soprattutto dove perde la partita l’Italia? In quei brevi intervalli che l’organizzazione irlandese sa creare. Placcaggi mancati, conquista della linea del vantaggio, sirene d’allarme.  

La prima meta, dopo 2’, sull’asse Aki-Lowe-Ran è esemplare. Gli azzurri rispondono con un’irruzione del giovane Cannone che apre una vasta breccia per il guizzo di Varney, ma debbono arrendersi ancora su un “buco” di Aki per Keenan e su un pallone consegnato da Garbisi che porta alla segnatura dell’onnipresente oceanco. La pressione fisica degli irlandesi ha la meglio solo in un’occasione: dopo lunghe fasi nei pressi della linea, il pallone è aperto al largo per Hansen: è il 35° e il bonus offensivo è raggiunto. Ed è il momento della volata di Bruno, della luce che si riaccende.  

Il secondo tempo è una prova di forza degli irlandesi che non vanno per il sottile (un placcaggio al collo di McCloskey su Capuozzo era da giallo) ma che finiscono per andare a cozzare contro una difesa che pare stremata e non lo è. Nessun risultato e nessun punto raccolto mentre su un attacco di Brex, fermato con fallo, l’Italia ne aggiunge 3 con il piede di Garbisi portandosi a contatto. A quel punto, energie al lumicino e resa – ancora Hansen, con finta di corpo – dopo 18 fasi di attacchi furiosi dei padroni del ranking.

 

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