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Pensieri in Barca / Riflessioni a margine dei Mondiali

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Lunedì 20 Febbraio 2023

 

bassino 

Austria mica tanto felix ai Mondiali di Sci Alpino appena conclusi in Francia. Tra Courchevel e Meribel, gli austriaci non hanno vinto neppure un oro, né con gli uomini, né con le donne, né nella prova a squadre.

Gianluca Barca

Nelle precedenti edizioni (la prima nel 1931) L’Austria aveva conquistato un totale di 98 titoli. L’ultima volta che era rimasa a bocca completamente asciutta era stata a Val d’Isere nel 2009. La Francia evidentemente non porta bene agli atleti e alle atlete nati al di là del Brennero.
Quello che probabilmente agli austriaci brucia di più è non aver conquistato nemmeno una medaglia nella discesa maschile, lo sport nazionale del paese, quello che ai piedi della Streif di Kitzbuhel, quando è di scena il Trofeo dell’Hahnenkamm, attira anche quaranta/cinquantamila spettatori.


L’Austria aveva vinto il titolo nella prova regina dello sci alpino cinque volte consecutive tra il 1974 e il 1982 (all’epoca le Olimpiadi assegnavano anche il titolo Mondiale) e quattro volte su cinque fra il 1996 e il 2003. Da allora un solo titolo, quello di Vincent Kriechmayr nel 2021.

Nello stesso periodo la discesa libera è stata vinta due volte dal Canada (che quest’anno si aggiudicato il SuperG maschile e lo slalom femminile), tre volte dalla Svizzera (l’ultima quest’anno con Odermatt), tre dalla Norvegia (due con Svindal) e una dagli Usa (nel 2005 Bode Miller).

Perché abbiamo insistito tanto sulla discesa maschile?

Perché prima che anche lo sci si trasformasse in Giochi senza frontiere, con gare a squadre miste, che non hanno onestamente senso dal punto di vista tecnico e sportivo, la discesa libera era la gara di sci alpino per antonomasia, quella che premiava l’atleta più veloce dalla cima della montagna al fondovalle. All’inizio non c’erano quasi nemmeno le porte.

Tanto che l’abruzzese Gigi Panei, una volta, a Madonna di Campiglio, beffò la concorrenza tagliando in modo spericolato nel bosco, in modo da accorciare il percorso ed arrivare per primo al traguardo in paese.

La discesa libera è stata a lungo terreno di espressione dei montanari più ruvidi. Fino al 2005, l’unico atleta capace di interrompere il dominio di austriaci, svizzeri e francesi era stato Zeno Colò, tuttora l’unico azzurro ad aver conquistato una medaglia d’oro nella specialità regina.

Tra gli uomini, l’Italia ha vinto quattro volte lo slalom, quattro il gigante e tre il SuperG. Quest’anno solo la medaglia di bronzo di Vinatzer in slalom. La discesa libera sta agli austriaci (13 vittorie in libera in totale) come il rugby sta agli inglesi. È un’espressione del carattere nazionale, di brutale fisicità, di coraggio ruvido.

Le statistiche sembrerebbero suggerire che gli Italiani sono più dotati per il gesto tecnico sottile, per il movimento rapido tra i pali. Anche se le ultime tre medaglie d’oro in campo maschile sono state conquistate tutte in SuperG, Staudacher (2007), Innerhofer (2011) e Paris (2019). La verità è che allestire piste di allenamento per la discesa libera è complicato quando le località sono gremite di turisti. E poi il bacino da cui si pescano gli atleti (come quello dei rugby) è ridotto, perché i discesisti hanno bisogno di tante giornate di allenamento, la libera obbliga ad effettuare prima della gara un certo numero di prove. E chi non vive a diretto contatto con la neve inevitabilmente si dedica a discipline che richiedono meno tempo e meno complicazioni logistiche. Senza di dimenticare le famose “mamme italiane”: vi ricordate Alberto Tomba, che non disputava la discesa libera perché mammà non voleva?

Infine la libera richiede esperienza, perseveranza e tanta dedizione: dei quattro azzurri in gara a Courchevel, solo Florian Schieder era sotto i trent’anni (27), con Paris, Marsaglia e Casse ben sopra la trentina. Innerhofer, che pure reclamava un posto in squadra, ne ha quasi quaranta. Crisi di vocazioni, difficoltà a reperire linfa nuova? Il problema è complesso e ha a che fare con le opportunità professionali che offre la montagna: i giovani che gareggiano nello sci, spesso si fermano quando arrivano alla maggiore età. Con gli sci ai piedi uno su mille ce la fa. E allora meglio dedicarsi ad altro, l’inverno su e giù per i pendii costa caro e rende poco.

Odermatt è uscito dal Mondiale re degli uomini: l’accoppiata discesa libera/slalom gigante era riuscita prima di lui solo a Zeno Colò nel 1950, a Toni Sailer nel 1958 (e alle Olimpiadi di Cortina, dove vinse anche lo slalom, come Killy a Grenoble ‘68), e a Svindal a Åre, nel 2007.

Molto bene le ragazze italiane, Brignone e Bassino (due ori), a riprova che nel nostro Paese il movimento sportivo rosa produce risultati molto più che gli uomini. Anche questa è una riflessione di carattere sociologico che richiederebbe più di un approfondimento.

Il Nord America, con Crawford (canadese, vincitore del SuperG maschile), Shiffrin, St. Germain (altra canadese, slalom femminile) e la prova a squadre (USA) ha conquistato quattro medaglie d’oro, eguagliando il risultato del 2013, quando Ligety fece tripletta e la Shiffrin vinse il suo primo slalom.

Prima storica medaglia per la Grecia, con AJ Ginnis, secondo in slalom. Sci alpino con vista sul Mediterraneo, ...

Vinatzer con la medaglia di bronzo conquistata nell’ultima gara ha salvato il bilancio della spedizione maschile, il cui piazzamento migliore viceversa sarebbe stato il settimo posto di Schieder in discesa libera.

In compenso le ragazze del Biathlon hanno vinto una storica staffetta al Mondiale di Oberhof. Parafrasando Mao Tse Tung possiamo dire che “la gloria sta sulla canna del fucile”.

 

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