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I sentieri di Cimbrius / I giorni dell'esultanza e del talento

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Mercoledì 3 Agosto 2022


tebogo 2 

I 100 ai Mondiali U-20 di Calì – +1000 metri sotto il cielo – hanno aperto un nuovo capitolo per lo sprint sempre più globale: marcato ora dall’esagerato 9”91 di Letsile Tebogo, ragazzo del Botswana, capofila della sua generazione.

Giorgio Cimbrico 

I giorni dell’esultanza: ha cominciato Chloe Kelly, biondina con il volto molto deciso, sventolando la maglia con i tre leoni dopo il gol che ha deciso l’Europeo di calcio, un remake di Inghilterra-Germania davanti a 87.192 spettatori, record per il calcio femminile. Poi in scena è entrato Letsile Tebogo, ma con una differenza. Chloe ha esultato nel “dopo”, Letsile nel “durante”, uno spazio che nei 100 non dura molto. 

Arrivato nei pressi degli 80 metri il giovanotto del Botswana, 19 anni il 7 giugno (un altro geniale gemello …) ha girato il fianco destro verso la tribuna, ha sventolato il braccio, ha dato un’occhiata a quelli che provavano invano a inseguirlo ed è planato tranquillo verso il traguardo in 9”91, record mondiale under 20. Era già suo con il 9”94 nelle batterie dei Mondiali, tempo che faceva seguito al 9”96 ai 1014 slm di Gaborone, la capitale del suo immenso e spopolato paese: più del doppio della superficie dell’Italia e poco più di due milioni di abitanti.

Quella prestazione non è stata portata all’omologazione e non è chiaro il perché: non era stato predisposto il controllo antidoping? non esisteva un collegamento sicuro tra blocchi e pistola? In ogni caso, Letsile ha fugato ogni dubbio e ha tagliato la testa a un paio di tori. 

Nella storia dello sprint altre esultanze hanno portato a più o meno sterili riflessioni: ma quanto avrebbe fatto, avesse spinto sino alla fine? La più famosa e luminosa è quella di Tommie Smith a Mexico 1968, a braccia larghissime e sorriso vasto: quel 19”83 poteva essere 19”70? Quattro anni dopo, a Monaco di Baviera, si concesse un arrivo a braccia alzate anche Valeri Borzov, molto plastico e muscolare: per un attimo il tempo fu 19”99, subito corretto in 20”00 per la doppietta dell’ucraino, nato nella galiziana Lvov. 

A Pechino i Signori degli Anelli ebbero a criticare Usain Bolt – e qualcuno propose un richiamo ufficiale – per quell’occhiata all’indietro, rivolta alla muta che lo inseguiva senza una speranza. Secondo loro, un comportamento non adeguato all’etica olimpica, secondo criteri di giudizio spogliati delle ipocrisie tipiche di chi governa e amministra nel privilegio, un gesto molto normale, molto umano, molto spontaneo.

“Se qualcuno lo ha visto come una mancanza di rispetto, ne sono dispiaciuto”, dice Tebogo che non ha muscoloni, ma un piede leggero e una capacità naturale nel cogliere l’attimo buono per uscire dai blocchi: 0,129 il tempo di reazione, perfetto. “Al primo passo avevo capito di aver vinto e così ho pensato di imitare Bolt che è il mio idolo. Non l’ho mai incontrato e sarei felice un giorno di stringergli la mano”. 

Tebogo è uno che parla chiaro, pronto a rispondere a uno di quegli interrogativi che ronzano attorno a prestazioni così vicine alla perfezione, a esibizioni così disinvolte: “Potevo correre in 9”80 ma va bene così. Lascio il record mondiale under 20 a 9”91. Potrà servire da ispirazione alle generazioni che verranno”. 

Nato a Kanye, uno dei pochi centri abitati di una certa rilevanza, sta per cambiar vita: la Oregon University, alla continua ricerca di talenti, gli ha offerto una borsa di studio per trasferirsi a Eugene. Letsile sta per vestire la maglia verde, diventare un Duck, un’anatra. Non ne ha l’aspetto. Semmai un volatile da alte sfere. 

Al polo opposto della sicurezza di Tebogo, la commozione del diciottenne Bouwahjgie Nkrumie (giamaicano, malgrado un nome che profuma di Ghana), secondo in 10”02, record nazionale strappato per nove centesimi a Yohan Blake e a Christopher Taylor. A quell’età i 100 non erano l’arte di Usain Bolt. 

Finale che si presta a riflessioni: primo e terzo (il sudafricano Ben Richardson) africani, quarto, quinto e sesto tre asiatici (il thailandese Bonsoom, fregato a parità di 10”12, per un millesimo, il malese Fahmi, il giapponese Yamagita) e presenza americana ridotta a una comparsata: Laurenz Colbert, trascurabile settimo. 

L’atletica è un mappamondo da far ruotare: fermarlo con un dito significa trovare nuovi terreni fertili.  

 

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