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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Duribanchi / Le fobie insopportabili della guerra

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Martedì 15 Marzo 2022

 

kiev-bombe


Ci sono quelli che vorrebbero la guerra (quella mondiale, costi quel che costi, gente così ce n'è) subito. Quelli che invocano la pace. Chi ti spiega che l'Occidente è corrotto e malato. Quelli che ti spiegano che l'Occidente se l'è “voluta”.

Andrea Bosco

Beh, quasi ci siamo. La guerra è in arrivo. No, “potrebbe” arrivare. Se non fermano Putin (mentre milioni di profughi ucraini, dalle città devastate, sono in marcia versa la salvezza e la solidarietà europea, bene la Juventus che è andata a prendersene via Ungheria, 80 tra mamme e bambini) arriverà. I missili russi sono caduti a 24 km dal confine polacco. Al prossimo missile, che magari solo per errore, varcherà i confini di un paese NATO cosa accadrà? Il mondo occidentale abituato a frantumarsi gli zebedei si interroga di chi sia la “colpa” dell'orrore che ogni giorno dall'Ucraina arriva sui teleschermi di casa nostra.

Ci sono quelli che vorrebbero la guerra (anche quella mondiale, costi quel che costi, gente così purtroppo ce n'è) subito. Quelli che invocano la pace. Quelli che ti spiegano che l'Occidente se l'è “voluta”. Perché tentare di introdurre la democrazia è un crimine nei confronti di chi la democrazia disprezza. Chi ti spiega che l'Occidente è corrotto e malato. Chi ti rammenta che gli Stati Uniti si sono “macchiati” del Vietnam, poi dell'Irak, poi dell'Afghanistan, poi della Siria. Ma anche del Cile, e di millanta altre “operazioni” condotte nel segno della speculazione, del profitto, dell'avidità. Ovviamente l'Ucraina non l'hanno invasa: Putin è stato “provocato”. Chiedono la resa di Kiev. Ovviamente per “fermare la strage”.

L'Occidente pullula di “quinte colonne” che simpatizzano per Putin. Accadeva egualmente per Hitler: persino negli Stati Uniti, persino in Gran Bretagna. Molti di loro dalla Russia sono stati foraggiati per anni. E quindi la fila dei “putiniani comprati” è lunga. In Italia, come in Francia, in Germania come in mezzo mondo. Alcuni sono poveri imbecilli. Patetici “leoni da tastiera”, i Napalm ironizzati da Maurizio Crozza.

Il bello di una democrazia è che chiunque può sparare indicibili cazzate senza essere ricoverato alla neuro. Il brutto della democrazia è che in certe stagioni, sparare cazzate è pericoloso. In tempo di guerra “tifare” per chi spara è vergognoso, pericoloso. La Storia insegna che subito dopo le cazzate, arrivano le bombe. E assieme alle bombe i carri armati. E poi la tirannia. Mai sentiti nominare i Sudeti? E non serve cercare nei testi degli interventisti o dei pacifisti. Basta leggere Orwell. Ma serve leggerlo bene. Rammentando che Orwell era un socialista che si staccò dalla sinistra inglese diventando un fiero anti stalinista: nel nome di un socialismo democratico che sentiva “tradito”. Possiamo far finta di niente. E quindi ignorare stimati professori quali Canfora e Di Cesare che definiscono i profughi ucraini “passanti” e si rifiutano di chiamare quelli che a Kiev stanno combattendo, “resistenti”.

Possiamo ignorare le loro affermazioni. Ma non possiamo non rammentare che questa gente insegna nelle università, ammorba la gioventù, parla nei convegni, sparge veleno. Sono simili a quelli che gioivano nel 1956 per l'invasione sovietica a Budapest. A quelli che inneggiarono ai carri armati russi quando arrivarono in Piazza San Venceslao, nel 1968 a Praga dove bruciò per protesta Jan Palach ... Quelli che i “delinquenti” sono sempre gli amerikani (con kappa evidenziata) e mai quelli che hanno fatto la guerra in Cecenia, in Georgia, in Crimea, nel Donbass o in Siria. Mai quelli che hanno mandato i propri mercenari in Mali. Mai quelli che hanno arruolato per piagare la resistenza di Kiev i tagliagole siriani vissuti al riparo del tiranno Assad.

Quelli che dissentono : si va dal sindacalista FIOM Giorgio Cremaschi (già portavoce di “Potere al Popolo”) al professor Alessandro Orsini (censurato persino dal suo ateneo romano), dal filosofo Diego Fusaro (che rilegge Marx da “destra”) al professor Franco Cardini, tessera del MSI dal 1953 al 1965, ammiratore di Castro e Che Guevara, islamista (“nessuna guerra di religione in Terra Santa, solo un pellegrinaggio ... armato”), complottista sugli attentati dell'11 settembre, ma anche fondatore di Civitas Dei, marciatore contro la guerre in Irak e in Afghanistan, collaboratore dell'Avvenire, uomo insomma per tutte le stagioni, ha spiegato che per fermare Putin “bisogna allentare le sanzioni alla Russia”. Oh yes.

Liberi pensatori che bivaccano nei talk e che contribuiscono ad alzare l'audience. Dopo i no vax, secondo i quali il Covid si cura con la tachipirina, avanti c'è posto per gli aderenti al “pensiero laterale”. Che pende da una sola parte. Ma fa niente. A loro nulla si può chiedere. Pensano di essere importanti ma sono come certi partiti da prefisso telefonico: irrilevanti. Potremmo chiederne conto al Riformista, quotidiano che a nove colonne ha titolato la sua convinzione che “arrendersi sia un dovere morale”? Va da sé che quelli del Riformista in caso di invasione dell'Italia da parte di un qualche nemico non sparerebbero per difendere, non dico il “patrio” (ma che razza di termine mi viene in mente) suolo, ma neppure la propria casa, la propria famiglia: si arrenderebbero. Confidando nella pietas dell'assassino di turno.

Ma tutto sommato il Riformista è un giornale che esprime un giudizio: giusto o sbagliato possa essere giudicato. Nessuno ha il diritto di chiedere “conto” ad un giornale che esercita il proprio indipendente pensiero. I cittadini hanno viceversa il dovere di chiederlo ai politici. Per le dichiarazioni e valutazioni, per quanto, nel tempo, pregresse. Per esempio Silvio Berlusconi che di Putin da presidente del consiglio si invaghì arrivando a definirlo “un uomo riflessivo, profondamente rispettoso degli altri, un vero liberale”. O Matteo Salvini che viaggiava con la felpa istoriata dal faccione di Putin e secondo il quale l'uomo che ha innescato la mattanza in Ucraina “valeva due Mattarella”. O il pentastellato sottosegretario agli esteri e della Cooperazione internazionale Manlio Di Stefano, che oggi “condanna” ma che ieri andava a scondinzolare a Mosca, ospite di Russia Unita (il partito dell'assassino) urlando dal palco che “in pochi possono negare che a Kiev ci sia stato un golpe della NATO: “una volta al governo rivedremo la partecipazione dell'Italia alla NATO”

Molti parlamentari del Movimento 5 Stelle amano Putin. Come Gabriele Lorenzoni membro della Commissione Finanze della Camera, “facilitatore regionale” (se torno a nascere voglio fare il “facilitatore”: si guadagna bene) per le relazioni interne con i 5 Stelle. Il signor Lorenzoni afferma che l'ospedale di Mariupol centrato dalle bombe russe non fosse pieno di donne incinte e bambini ma “evacuato dai civili e zeppo di militari”. Fonte di Lorenzoni “i comunicati dei russi”. E fa niente se in quell'ospedale la gente sia morta. Non ditelo a Lorenzoni. Vi spiegherebbe che è una fake news della stampa occidentale “ossessionata dalla Russia”.

Del resto con gli epigoni di Beppe Grillo e Giuseppe Conte il mondo dell'inverosimile è a portata di mano. Per il sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia l'allunaggio fu una “farsa”. E per l'ex ministro del Mezzogiorno Barbara Lezzi, che prima di essere arruolata da Giuseppi lavorava come impiegata nel settore commerciale, “il Pil dell'Italia talvolta aumenta perché teniamo troppo accesi i condizionatori”. Roba che al confronto, Toni-Nelli, sembra un allievo di Einstein. Se i 5 Stelle risultano una enclave putiniana (Segneri e Corneli chi sono costoro?) anche in casa della Lega non si fanno mancare il “pane”. Pardon, pane “rancido” visto che Francesca Donato è una ex leghista, ma ancora parlamentare europea che non vuole le sanzioni contro la Russia. E per questo oscurata da Facebook.

Eppure c'erano i libri, c'erano le relazioni degli esperti internazionali, quelle degli ambasciatori. Non era difficile capire chi fosse in realtà Putin che nel 2000 , anno in cui fu eletto presidente della Russia, disse: “In certe circostanze (si riferiva alla folla inferocita che un mese dopo la caduta del Muro di Berlino aveva circondato a Potsdam, nella Germania Orientale, la palazzina del KGB dove da settimane lui bruciava documenti riservati: anche sul suo passato di 'specialista in relazioni umane') devi colpire per primo e così duro che il tuo avversario non deve essere in grado di reggersi in piedi”. Questo è Putin, mai nominato dal Papa (né lui, né la Russia). Ma che Putin, cristiano che frequenta le funzioni, dal Papa (forse) potrebbe essere scomunicato visto che nei suoi confronti è stata aperta una procedura internazionale per crimini di guerra. Il Papa che oltre a dichiarare il suo orrore per la guerra, oltre che invitare anonimi aggressori (perché la Chiesa usa notoriamente l'arma della diplomazia: lenendo e sopendo per dirla con Don Lisander) “a fermare l'eccidio in Ucraina”, qualche parola (con nome e cognome, tipo l'arcivescovo ortodosso di Mosca fautore della guerra di Putin e odiatore dell'Occidente “corrotto e (sic!) omosessuale” più decisa, potrebbe dirla.

Nessuno pretende che un Papa (sofferente, tra l'altro) brandisca la croce come fece Leone con Attila e vada a bussare alla porta di Putin. Ma qualche cosa contro quel Kirill-Cirillo patriarca di Mosca e di Tutte le Russie con chalet personale (dove va o andava a sciare) sulle Alpi Svizzere, milionario con conto corrente e orologio al polso da 30.000 euro, di attitudini assai poco francescane, il gesuita venuto dall'Argentina, potrebbe dirlo. Potrebbe fare tanto la diplomazia vaticana. Più di quella israeliana.

Certamente più di quella del sultano turco (che vorrebbe entrare nell'Unione Europea, che ha le carceri piene di dissidenti, che tratta le donne come merde, che ha massacrato i curdi, che rifiuta di riconoscere il genocidio degli Armeni, che l'Europa paga milioni di euro per trattenere in campi-lager i profughi che chiedono di sbarcare nel vecchio continente), che ha le chiappe dentro alla NATO ma che si è schierato contro le sanzioni alla Russia. Dopo aver concesso il transito per lo stretto dei Dardanelli, alle navi di Putin che arrivate nel Mar Nero, stanno bombardando Odessa.

Verità è che dalla guerra in atto (che uccide i reporter e mette in mano i fucili alle bimbe con il lecca-lecca) e da quella immanente che si spera di poter scongiurare, a guadagnare (nel lungo termine) sarà solo la Cina, già avviata (anche dal governo italiano di Conte Giuseppe) sulla via della seta e ingrassata – per 'avidità dell'Occidente – dalla globalizzazione.

Potrebbe fermare la guerra l'Occidente? Non con la ragione, per ora. Non con le sole sanzioni. Con gli hacker? Non basta Anonymus. Ci si dovrebbero mettere i governi. Forse con certe armi: quelle che alcuni paesi occidentali stanno sviluppando o magari già possiedono. Missili ultra veloci in grado di raggiungere un obiettivo in pochi secondi anche a migliaia di chilometri di distanza. Centri di elaborazione dati più sofisticati di Google. Robot-spia volanti della grandezza di un colibrì. Sistemi audio-video in grado di captare anche i sospiri. Forse il Pentagono o l'intelligence britannica già possiedono queste mostruosità. E forse per questo i media di Elisabetta hanno scritto che Putin sarebbe malato. Affetto da demenza e da Parkinson, pesantemente alterato nell'equilibrio psichico dall'uso prolungato di steroidi per curare il cancro. Insomma Putin sarebbe una sorta di Doctor No, fuori controllo, maniacalmente esaltato, forse devastato da down depressivo.

La guerra porta anche a fobie insopportabili. Come il divieto (poi ritirato) di una università milanese a realizzare il previsto corso su un grande scrittore russo dell'Ottocento. Come l'ukase del Museo di San Pietroburgo a far rientrare anticipatamente da Palazzo Reale a Milano due opere prestate per una mostra sulle Donne nel Rinascimento. Ho conosciuto il direttore di quel museo e immagino sia stato costretto da qualche funzionario del suo paese. E conosco bene il direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina che oltre che un bravo manager, è anche un hombre vertical. Tanto che se non avesse ricevuto l'imput dall'accomandante ministro Franceschini (guerra o non guerra i contratti di prestito si rispettano fino alla fine delle esposizioni) immagino avrebbe riposto: “Museo di San Pietroburgo: andate a farvi fottere”.


 

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