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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Del sole i rai sul bravo Rai ...

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Mercoledì 3 Novembre 2021

 

football-americano


Che lo sport italiano abbia vissuto un anno straordinario, è più che un fatto. Ma i trionfi, si sa, rendono spesso tronfi e per questa dorata caduta di stile molto si impegnano media scritti ed orali, ben sostenuti dalla imperante pubblicità.

Giorgio Cimbrico

L’oxelin de la comare mi ha cinguettato che i trionfi olimpici dell’atletica verranno federalmente festeggiati il 16 dicembre, a 136 giorni dal 1° agosto, diventato D-Day del quintuplice exploit. Sconfinando nella banalità degli adagi, meglio tardi che mai. I trionfi, si sa, rendono spesso tronfi e, anche grazie a media scritti orali o social, lo sport italiano è un rombo di tuono, una valanga, una carica di revanche, un’intrusione in serre altrui e in parchi privati, una sequela di sberleffi ben sostenuti dalla pubblicità, oggi uno strumento dalla forza prorompente.

Non è un caso che il CT Roberto Mancini ne sia diventato volto e interprete: i giocatori bussano alle sua porta portando un dolce. Cos’è? Zuppa inglese, naturalmente.

E’ un giardino di facili delizie, ancor più popolato e lussureggiante di quello dipinto da Hyeronimus Bosch, in cui è stato ricavato un angolo sacro e al tempo stesso profano: l’edificazione e la beatificazione hanno investito la figura di Valentino Rossi che, ricordo, un giornalista di vasta popolarità si spinse – o si azzardò - a definire il più grande atleta della storia dello sport italiano. Sempre in tema di adagi: ognuno ha i suoi gusti. Ma anche: nessuno è perfetto, come diceva il milionario che voleva sposare Jack Lemmon. Per approfondire: scena finale di A qualcuno piace caldo.

A proposito di caldo, che evoca fatalmente anche qualcosa di sudaticcio, inevitabile quando si finisce in mezzo a folle eccitate e plaudenti. Il cursus honorum che ha investito lo sport italiano facendogli assumere l’aspetto di museo viaggiante delle meraviglie e di camera del tesoro, la dimensione governata da un benigno spirito della lampada che può accontentare non tre ma innumerevoli desideri – Malagò l’ha trovata a casa, l’ha acquistata da un antiquario, l’ha rinvenuta in un giretto a Porta Portese? –, non riguarda due delle passioni nazionali, così forti da identificare in esse gran parte dei contenuti: la Juventus e la Ferrari.

Soccorre la definizione di un caro amico: “In Italia lo sport è Ferrari, Juventus e Strano ma vero”, citando una delle rubriche della Settimana Enigmistica che, prima dell’arrivo di Internet, permetteva di allargare le proprie conoscenze con fatti singolari o straordinari, spesso inutili. Ebbene, né l’una né l’altra rientrano in questa ipertrofica stagione di successi, in questa vendemmia che va avanti da mesi comprendendo racchette e clavette, piste e strade, pedali e parquet, acqua clorata e non, tatami e fango.

La Juventus si è messa a tossicchiare, la Ferrari tossicchia da parecchio e qualche maligno adepto della cabala sostiene esista un filo sottile che unisce due vicende che coinvolgono così tanti cuori nella tormenta, disposti a barattare parte di quel magnifico raccolto per riveder garrire il bianco, il nero e il rosso, i veri colori della bandiera italiana

PS – Una nota sul Ranking mondiale maschile. Né chi ha steso quello che spero abbiate letto su SO né i “saggi” (tra virgolette) di World Athletics hanno pensato ad includere un piazzato, eppure era proprio il caso di farlo perché Rai Benjamin, americano con genitori di Antigua (e Barbuda), ha corso i 400hs in 46”17 e alla decima barriera era lì lì con Warholm. Non so se l’uno o l’altro, o tutti e due, riusciranno mai ad avvicinare quello che riesce difficile definire “livello”. Forse, musicalmente, è meglio dire un “improvviso” inventato lì per lì, in uno stadio vuoto, nel luogo che giusto trent’anni fa aveva ospitato un’altra indimenticabile disfida con uno sconfitto invitto, come avrebbe detto Hemingway: Carl Lewis 8.91. E così, in ritardo, gli assegnò un posto ad honorem, a suo honorem. Del sole i rai sul bravo Rai. Questa potevo anche risparmiarvela …  


 

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