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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / Opinioni politiche? La prudenza e' d'obbligo

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Venerdì 22 Gennaio 2021


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Un terreno di gioco un po’ minato. C’è chi la pensa (e lo dice) e chi lo evita. Si può anche capire, tra opportunismo e dittatura dei social, ma pare che qualcosa vada cambiando. E da noi?

Giorgio Cimbrico

Avete mai provato a chiedere a uno sportivo italiano come la pensi politicamente? A me è capitato molti anni fa intervistando Paolo Sollier che era di sinistra e ultra, non lo nascondeva, tutt’altro, e su come la pensava e sul calcio che frequentò per anni scrisse un libro che ebbe il suo eco. Per il resto, si ottengono risposte molto vaghe, del tipo “non mi interessa”, “non mi sono mai interessato” o ammissioni che “per favore non scrivere”.

Vox populi e vox Romae sostengono che Francesco Totti abbia sempre avuto simpatia per la sinistra. Altre voci affermano che più di un ambiente dello sport italiano sia di centrodestra o decisamente di destra: il cursus honorum di Antonio Rossi è una prova.

Lasciamo “a latere” partiti e movimenti. In genere, l’atteggiamento è starsene al coperto, non prendere posizione. È sempre andata così e ora con l‘amore-terrore per i social media la prudenza non è mai troppa e spesso anche quella non basta. Tutto questo è normale per certe dimensioni – il calcio – in cui ogni evidenza viene negata, ogni ammissione, anche la più innocente, viene impostata su risposte vaghe: “tutto è possibile”, “mai dire mai” sono le musichette (jingle) favorite, in dialoghi in cui potrebbero trovare spazio Estragone e Vladimiro.

Gli americani sono diversi, si schierano. In questi giorni, in queste ore, mi è capitato di ascoltare personaggi importanti che esprimevano il loro sollievo dopo che il Grande Golfista aveva lasciato la Casa Bianca per un lungo, lunghissimo periodo di allenamento sulle 18 buche di sua proprietà in Florida. Uno era Stephen Curry, l’altro era il coach Gregg Popovich. E questa è roba fresca.

Nel passato più o meno recente, al disagio, unito all’augurio che una certa normalità tornasse nello Studio Ovale, hanno dato voce Lebron James, Megan Rapinoe e le squadre che hanno declinato l’invito presidenziale nella sua virginiana temporanea residenza.

È gente che non ha paura di esibire quel che pensa. Pensate a Colin Kaepernick (foto) che con la genuflessione ha inventato una rivoluzione che è volata via dal football per propagarsi nel mondo, per diventare simbolo di Black Lives Matter. In un comizio in Alabama, stato tradizionalmente … tollerante, Trump disse che figli di puttana del genere andavano portati via dal campo e licenziati. Colin non è stato propriamente licenziato, ma lasciato ai margini, senza contratto, sino a quando la NFL gli ha elargito una specie di liquidazione. Avesse fatto stampare il copyright sul gesto, ora sarebbe più ricco del tipo specializzato nell’incitare le folle e di un campione – Lewis Hamilton – che l’ha adottato e imposto in una dimensione dove i problemi del mondo non hanno mai destato interesse.

Non un gesto ma una raffica di iniziative sono state portate avanti da Marcus Rashford, attaccante del Manchester United e della Nazionale inglese: alla fine del 2019, una campagna per un aiuto alimentare per i senza casa. Era solo un assaggio. Con il progredire della pandemia, Marcus si è lanciato in qualcosa di più grande e più nobile: una battaglia per ottenere fondi per le mense scolastiche e per intervenire sull’infanzia disagiata. Non ha dimenticato le sue origini, nel circondario poco allegro della Greater Manchester, e così ha fatto firmare petizioni (l’ultima ha raccolto più di un milione di adesioni), ha denunciato il poco interesse mostrato dal partito conservatore, è riuscito a far sbloccare i fondi, 400 milioni di sterline. Marcus Rashford ha 23 anni.

 

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