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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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dall’ Ottocento al Fascismo
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I sentieri di Cimbricus / Tremate, un cinguettio vi sbranera'

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Mercoledì 2 Dicembre 2020

 

bocca-verita 


I tweet, insomma le cose che uno scrive, non hanno il riconoscimento della prescrizione? Pare di no, perché ricadono più o meno nella categoria dei crimini di guerra o contro l’umanità.

Giorgio Cimbrico

Al tempo delle Serenissima, uno imbucava una denuncia anonima nella Bocca della Verità e il malcapitato finiva davanti al tribunale per eresia, sodomia, usura, alto tradimento, veniva sottoposto ai tratti di corda tra un periodo e l’altro passato in carceri fetide, veniva dichiarato colpevole o, qualche rara volta, innocente. Nessuno si curava da chi perché fosse arrivata la denuncia.

Un tweet, un cinguettio, vi sbranerà: è la morale espressa da quanto è successo a Pablo Matera, capitano dei Pumas, la nazionale argentina di rugby, degradato e rispedito a casa con due compagni, Guido Petti e Santiago Soncino, per messaggi via social, risalenti al 2011 e al 2013, dai contenuti razzisti (contro gente di colore) e xenofobi, nei confronti di boliviani e paraguayani. Matera, all’epoca, aveva tra i 18 e i 20 anni. Il Puma divorato dalla silhouette di un uccellino. Il mondo alla rovescia o il Giardino delle delizie di Hyeronimus Bosch.

Mi domando chi ha il tempo e la voglia a scavare nei meandri dei social per rinvenire qualcosa che possa apparire imbarazzante e esibirlo come una magnifica preda. Non lo so, non ho risposta e sale nella mia stima l’implacabile e odioso Javert che perseguita Jean Valjean, anche quando è chiaro che il vecchio galeotto è diventato una persona onesta, rispettabile, generosa, un benefattore. Era inevitabile: Javert era uno sbirro, aveva quella formazione, quell’habitus: Il delinquente era tale per sempre. Ma questi, che rivelano tutto, che piantano sulle zucche del prossimo il sanbenito dei condannati dall’Inquisizione, chi sono?

Altra domanda senza risposta: i tweet, insomma le cose che uno scrive, non hanno il riconoscimento della prescrizione? Pare di no, perché ricadono più o meno nella categoria dei crimini di guerra o contro l’umanità. Con una differenza: a Norimberga e all’Aja deposero e depongono testimoni vagliati dalla corte. Attendibili. Gli anonimi, non ammessi. Timeo social et dona ferentes.

Ripeto quel che dico da tempo: non mi sdegno, lo giuro. Assisto, prendo nota che la gente dipende da qualcosa che l’ha sconvolta, privandola di umanità, mutilandola della memoria, dotandola degli strumenti più biechi: l’ipocrisia, il più piatto dei conformismi, l’intolleranza, l’incapacità della più semplice delle analisi. La pandemia ha fatto il resto.

Sciare necesse est, e tornare voraci allo shopping e sitibondi alla happy hour. Aperto il dibattito – attendo l’intervento di teologi o di docenti di diritto canonico – sull’orario della messa natalizia: vale anche in forma di matinée?

Un aspetto mi spaventa: mettiamo che prenda il potere qualche giovane e disinvolto leader per annunciare “ore rotundo” che il virus è solo per i vecchi e dei vecchi, che, anzi, è al loro interno che cova, non si estingue, si moltiplica. Misure: isolamento mediante porte sigillate con il saldatore e, in seguito, deportazione di massa, per fasce di età. Dove? Non si sa. In qualche hot spot opportunamente allargato, confidando comunque che il ricambio sia rapido, come capitava a Theresienstadt. Mi sveglio e son desto: che brutto incubo. Bevo il caffè e accendo la prima di un serie di Camel. Sparito il pacchetto con l’animale con la gobba. Ora solo immagini terribili: uno appena crepato d’infarto, un tipo disperato perché non può procreare, una ragazza che sputa sangue.  

Dal momento che il 2020 è molto più triste e livido del 1984 immaginato da uno scrittore inglese, tento di strapparvi un sorriso, a costo di sfidare chi monta di guardia e, intercettandomi, mi renderà colpevole di orrendi misfatti. Sabato, contro i Maori All Blacks, esordisce la selezione degli isolani. L’hanno battezzata Moana Pasifika: tutte le rime del mondo, tutte le allusioni sono permesse sino a quando arriveranno i gendarmi con le armi.

 

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