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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Osservatorio / CONI o il salvifico potere della memoria

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Sabato 10 Novembre 2018

 

pescante

 

La sontuosa festa per i primi 80 anni di Mario Pescante come riflessione sull’oggi e sul domani del nostro Sport.

di Luciano Barra


Tornavo ieri in Toscana dopo la kermesse organizzata nei saloni della Tribuna Autorità dell’Olimpico da Mario Pescante, con il preziosissimo supporto di Giovanni Fabi, per i suoi “primi 80 anni” e riflettevo. E già sul G.R.A., il Grande Raccordo Anulare, ideato dall’ingegner Gra, Direttore Generale dell’ANAS ed inaugurato nella sua prima parte nel 1951, avevo la sensazione di aver partecipato ad uno di quegli avvenimenti sportivi che classificherò fra quelli per me “storici”, come la vittoria di Alberto Cova ai Mondiali di Helsinki o della Staffetta 4x10 km di fondo ai Giochi di Lillehammer. Insomma quegli avvenimenti che ti fanno dire: “’io c’ero”. Può sembrare esagerato, ma andando avanti ne capirete il perché.

Pensavo, quando ero già al Casello di Roma Nord, che grazie al Telepass passavo in tromba, come il nostro avesse avuto la capacità di mettere insieme oltre 60 anni di storia sportiva da lui vissuti intensamente, e per mia fortuna anche da me, spesso al suo fianco. La messa insieme era un mixage di persone, immagini e storie. Nelle oltre 300 persone presenti erano rappresentate tutte le diverse categorie che hanno accompagnato la vita sportiva e non del nostro.

Dai primi compagni di ventura, noi ex-ragazzi del CUS Roma, lì guidati da Peppe Gentile e Roberto Frinolli, che lo avevano aiutato a formarsi dirigenzialmente; a una ventina di grandi atleti, fra cui Nino Benvenuti e Gianni Rivera, Yuri Chechi, Antonio Rossi e Alessandra Sensini, che dal 1960 avevano accompagnato la sua presenza fino al record di 27 Giochi Olimpici (battendo così il precedente di 26 presenze di Giampaolo Ormezzano, con Rolly Marchi staccato di qualche lunghezza); a grandi personaggi del Comitato Olimpico Internazionale, con i tre Presidenti che lui aveva “servito”, da Samaranch (rappresentato dal figlio Juan Antonio Junior, oggi già Vice Presidente), dal Presidente Onorario Jacques Rogge e da quello attuale Thomas Bach, che ne ha dipinto in modo divertito e divertente le gesta dirigenziali; a tutta una serie di Presidenti e Dirigenti sportivi con cui aveva lavorato, e a rappresentanti delle professioni (medici, avvocati, manager, stilisti, giornalisti, ecc.) che lui volta per volta aveva “arruolato” attorno a se, fino ai compagni di burraco, claque rumorosa. Uno spaccato umano di grande intensità.

La politica tra passato e futuro

Ero arrivato a Magliano Sabina quando mi sono interrogato sui politici presenti. Archiviato lo scratch del Sottosegretario Giorgetti, che in verità aveva provato tutto il giorno a “dare buca” ai dirigenti olimpici internazionali venuti per vedere anche lui, e che aveva preferito la compagnia dei Reali di Danimarca al vicino Hilton, timoroso di trovarsi “unbedded” con quella storia che lui ha intenzione di cancellare, i soli politici presenti erano Gianni Letta – conterraneo di Avezzano che con la sua superba dialettica ne ha dipinto alcuni momenti salienti – a Fausto Bertinotti, quasi un compagno di chiacchierate culturali, a Francesco Rutelli, il Sindaco più amato dagli italiani, al Sindaco Sala lì per apprendere. Un po’ in difficoltà, vista l’atmosfera, Claudio Barbaro, dirigente sportivo ma anche neo senatore leghista, che forse Giovanni Malagò avrebbe volentieri tumulato a vita nei sottoscala dello Stadio Olimpico. E con un colpo di magia anche un principe della Chiesa, il Cardinale Ravasi, che in questi ultimi anni lo aveva ricondotto come San Paolo di Tarso sulla via di Damasco.

Due brevi parole sul luogo dell’avvenimento: lo Stadio Olimpico dove nel 1957 Pescante aveva vinto una storica finale dei 1000 metri ai Campionati Studenteschi Romani, alla presenza di oltre 30.000 spettatori. Io, allora quindicenne, ero presente con la bandiera del Liceo Classico Torquato Tasso, che associato al Liceo Scientifico Righi aveva costituito una società satellite della galassia messa in piedi da Alfredo Berra, la Virtus Salario, che si opponeva alla VIS Roma di cui Mario Pescante, in quanto alunno del Giulio Cesare, faceva parte. E proprio a quel punto – giunto ormai ad Orte – il Giornale Radio del Lazio dava la notizia che il Liceo Classico Tasso e lo Scientifico Righi erano stati classificati come i migliori Licei romani per il 2018, distaccando il Visconti ed il Giulio Cesare. Che solluchero!

Come noto, le tre corsie della A1 ad Orte finiscono e quindi la visione si restringe. E proprio a questo punto mi sono reso conto del contrasto fra la serata spesa per celebrare i “primi 80 anni” di Mario Pescante e quanto stava accadendo, al di fuori da quella sala, nello Sport italiano, con la riforma proposta dal nuovo Governo giallo-verde (che nulla ha a che fare con le Fiamme Gialle …). Mi sono detto: ma ieri sera noi ballavamo sulla tolda del Titanic ed inebriati dalle parole e dalla musica non ci rendevamo conto che il transatlantico stava affondando.

Devo dire che, personalmente, avrei dovuto essere soddisfatto perché dopo il mio ultimo articolo sul “Futuro del CONI” ho ricevuto, così come anche l’altra sera all’Olimpico, moltissimi segnali di apprezzamento e condivisione che mi dovrebbero inorgoglire. Ma il mio cuore piange a vedere scomparire qualcosa che mi ha accompagnato per oltre 60 anni della vita. Mi ha particolarmente toccato l’unico commento un po’ critico ricevuto: “Si, hai ragione, ma tu dove stavi quando tutto questo accadeva?”. Scusatemi, ma ora devo essere molto personale e raccontare, cercando di essere il più sintetico possibile, dove ero. Lo dovrò fare presto anche sul “caso Evangelisti”, visto che ogni tanto qualcuno, non riuscendo a rintuzzare le mie pungenti cronache, prova inutilmente a mettermi in piazza.

Riforme e giubilazione

Allora, dove ero? Porta la data del 30 giugno del 2002 una mia lettera agli allora Presidente e Segretario del CONI – Petrucci & Pagnozzi – nella quale li informavo della mia volontà di andare in pensione profittando del raggiungimento della quota 95 (35 anni di contributi e 60 anni di età). La giubilazione avvenne diversi mesi più tardi, nel 2003. In quella lettera, che conservo gelosamente, dicevo tra l’altro che non “valeva la pena di rimanere” visto che, nonostante le tante e grandi esperienze fatte in 35 anni in seno al CONI, non ero in grado, perché mai interpellato, di contribuire al progetto, di cui si leggeva solo sui giornali o nei comunicati sindacali, sulla Riforma del CONI entrato allora in gravi difficoltà finanziarie causa il tracollo del Totocalcio. E nella lettera articolavo alcuni punti che ritenevo necessari affrontare come il Federalismo Sportivo e lo Sport nella Scuola, su cui avevo inviato più volte proposte e progetti, mutuando gli esempi della Federazione dello Sport Scolastico in Francia o la legge sulle diverse competenze per la costruzione e la manutenzione dell’impiantistica sportiva adottata dalla Spagna.

E concludevo: “Ci tengo che la mia estraneità alla Riforma rimanga per iscritto. Non vorrei che qualcuno, incontrandomi ai giardinetti, un giorno potesse dire: ma tu allora c’eri, …”. Il mio giardinetto si è da allora allargato di qualche ettaro e la visione dalla mia collina è più lucida che mai.

Devo dire che a seguito di quella lettera ricevetti dopo pochi giorni una bellissima risposta di tre pagine dal Presidente (so chi la scrisse), da lui stessa autografata, molto complimentosa vista la strada percorsa insieme nei precedenti 25 anni e i risultati da me raggiunti nel dieci anni a capo delle Attività Tecniche del CONI (111 medaglie Olimpiche contro le 55 precedenti). Lettera nella quale spiegava i motivi per cui “le strutture del CONI non sono state coinvolte” e “che ciò non fosse frutto di superficialità e trascuratezza” chiarendo che “ad un certo momento mi sono trovato in una posizione di responsabilità che mi ha costretto ad effettuare scelte molto difficili, in direzioni quasi obbligate”.

Più modesta la lettera del Segretario Generale, giunta quattro mesi più tardi, che in cinque paragrafi –

anch’essi molto complimentosi –, concludeva: “avremmo potuto trovarci di più e su più argomenti, ma tanto è”. Al di là della amicizia che ci legava, lui era contento di poter “giocare” con la Preparazione Olimpica, abusando di una posizione non strutturale di Capo Missione ai Giochi, senza avere di mezzo uno a cui non piaceva farsi continuamente scavalcare.

Certificato di Garanzia

Al momento di lasciare fui ricevuto in Giunta e consegnai al Presidente e al Segretario una pergamena incorniciata intitolata “CERTIFICATO DI GARANZIA” che diceva: “Con il presente certificato Luciano Barra garantisce ed attesta che (individualmente intitolata a Gianni Petrucci e Raffaele Pagnozzi) ha partecipato insieme a lui con reciproca sopportazione alle più belle ed esaltanti imprese umane e sportive del Secolo XX”. Devo anche dire di essere stato più fortunato di un mio caro collega, a capo della Preparazione Olimpica prima di me, che avendo deciso di lasciare alla fine del 1998, per poi andare a Sydney, si vide costretto ad annunciarlo al Segretario Generale in mezzo ad un corridoio, perché l’altro non aveva tempo di riceverlo.

Oramai ero a metà strada, poco prima di Orvieto pronto per un pit-stop necessario e auspicato. E lì, sotto un bel sole umbro, mi sono reso conto come – al di là del piacere personale di raccontare quanto sopra esposto – la storia di Mario Pescante, intrisa com’è di umanità, di rapporti interpersonali e di rispetto per il passato – fosse differente da quella di oggi dove un dirigismo circoscritto a pochi, più interessato ad apparire che a fare, e ben poco ossequioso del passato, ci stava mettendo in un cantuccio.

Non solo: ancora l’altra sera abbiamo dovuto sentire un’altra volta per bocca del Presidente che siamo quarti al mondo nello sport giovanile grazie al medagliere dei Giochi Olimpici Giovanili (YOG) di Buenos Aires. Forse nessuno gli ha spiegato che quei Giochi nel programma e nella partecipazione hanno un formato, ed un significato, molto differente dai veri Giochi Olimpici. Mi pare che un tempo si diceva “chi si loda si imbroda”. Speriamo che la notizia dell’importanza data a questo ultimo medagliere non passi i confini nazionali, perché potrebbe mettere in gravi difficoltà lo sport britannico, secondo nel medagliere a Rio, e in Argentina solo 18°. E soprattutto – il consolidato sistema delle High School americane – che aveva relegato gli Stati Uniti all’ottavo posto.

Come finirà? Difficile da dire. Non mi pare aria di “chiamata alle armi” anche perché la periferia non è quella di una volta essendo stata disciolta – e sapete da chi – e le Federazioni, come mi ha fatto notare un coraggioso Segretario, sono ormai staccate dal CONI al punto che oggi non si sentono toccate dalla potenziale riforma, sentendosi in una botte di ferro con i rispettivi Presidenti che già hanno imparato a salire le scale del nuovo Palazzo.

Per il resto del viaggio, fino alla mia uscita a Valdichiana, ormai giunto nella saggia e perspicace Toscana, fantasticavo sulle diverse possibilità – se ne ce sono – su come uscire dalla situazione. Roba da “influezer” o “promoter”, ma condita da visione, cuore ed esperienza. Ma come scrivono alcuni informati gazzettieri, il tutto resta ora legato alla “trattativa”, dove il CONI ritiene di possedere, grazie alla benedizione divina del CIO, il potere spirituale mentre il Governo, grazie alla proprietà delle chiavi della cassaforte, detiene quello materiale.

Alla prossima puntata.

 

           

 

           

           

 

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