- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Saro' greve / Montano: questa volta saro' lieve (e commosso)

PDFPrintE-mail

Domenica 30 Luglio 2017

montano 2

di Vanni Lòriga

Questa volta, ricordando che siamo su un sito dedicato allo sport olimpico, tratterò di Scherma. Come tutti sanno si tratta della disciplina che più ha contributo al medagliere azzurro in occasione dei Giochi Olimpici e dei Campionati mondiali. Avrei voluto interessarmi del recente appuntamento iridato a Lipsia dove le lame azzurre hanno dominato la scena. Ma nel frattempo è giunta la notizia che Mario Tullio Montano ci ha preceduto sul traguardo. Chi era questo Montano ci ha lasciato? Rinvio ad altra data la storia della attuale scherma italica (e del Dream Team) e mi concentro sui primi giorni del mese di settembre del 1972.

Si tratta di un salto indietro di circa 45 anni ma lo faccio volentieri perché mi dà l’occasione di raccontate episodi e situazioni non a tutti noti ma che fanno parte della storia dello sport.

Quel settembre del 1972

I due giorni 4 e 5 settembre 1972 costituiscono nella mia vita un momento di determinante svolta. Il 4 settembre Pietro Paolo Mennea, in quel momento non ancora maggiorenne (nato il 28 giugno 1952), conquista la medaglia di bronzo nella finale dei 200 metri, preceduto dall’allora imbattibile Valery Borzov e da Larry Black. Poche ore dopo, nell’attiguo Palazzo dello Sport, la squadra italiana di sciabola si assicura il titolo olimpico.

Il lettore moderno, poco informato delle remote vicende, potrebbe essere indotto a pensare che fosse normale per gli italiani vincere a mani basse. Si trattava invece del primo successo dei nostri sciabolatori dopo quello di Anversa 1920, edizione alla quale non avevano però partecipato gli ungheresi.

E questa volta la strada era quanto mai ardua, con i magiari sempre fortissimi ed i sovietici in grande progresso. Infine la scherma azzurra aveva vinto la sua ultima medaglia a squadre nel 1960 a Roma (spada). Un lungo digiuno di dodici che venne interrotto dai cinque moschettieri Michele Maffei, Mario (Aldo) Montano, Mario (Tullio) Montano, Rolando Rigoli e Cesare Salvadori (nella foto, il podio di Monaco).

Il percorso che porta alla medaglia d’oro si sviluppa con le vittorie 13-3 sulla Gran Bretagna; 9-7 sulla Unione Sovietica; 9-2 sulla Polonia; 9-7 in semifinale sulla Romania per 9-7 ed in finale nuovamente contro l’URRS battuta per 9-5.

Nella sfida definitiva con i russi brilla Maffei (peraltro campione mondiale in carica) con 4 vittorie, ma il vero momento di svolta si ha nella semifinale contro la Romania. L’incontro decisivo pone di fronte Mario Tullio Montano al forte Octavian Vintila. Gli azzurri – ci racconta Michele Maffei - non hanno il coraggio di assistere e lasciano la sala. Mario Tullio fa il suo dovere, affermandosi per 5-3. Grandi abbracci, l’Italia è in finale e, come già detto, supera l’imbattibile URSS.

E quel Settembre diventò Nero

Tutto questo il 4 settembre. Mario Gismondi, Direttore del Corriere dello Sport, mi incarica di impiegare il giorno successivo ad interviste dedicate a Mennea ed agli sciabolatori. Non farò né l’una né l’altra perché quello è il giorno dei Fedayn, dei 17 morti e, in via subordinata, del mio ferimento che richiede 48 punti di sutura e quattro mesi di gesso.

Ma, ora per allora, posso raccontare qualche particolare sulla schiatta dei Montano.

I due olimpionici di Monaco si chiamano entrambi Mario, come il loro nonno che dalla Liguria si trasferì a Livorno, operatore nella cantieristica. Per distinguere i due cugini al più anziano fu unito il nome del babbo Tullio ed al secondo quello del suo genitore Aldo. Il famoso ingegner Aldo Montano che, a quanto garantivano i suoi stessi avversari era il più forte sciabolatore del mondo. La guerra ha interrotto a lungo la sua carriera e comunque è stato il primo italiano a vincere due titoli mondiali individuali, nel 1938 a Piestany e nel 1947 a Lisbona. E stato imitato dal figlio Mario A. nel 1973-1974 mentre per l’oro olimpico si è dovuto attendere il suo nipote ed omonimo.

Chiudo con piccole curiosità. Mario Tullio era conosciuto come “Mariolone”; mentre Mario Aldo è noto come “Mauzzino”. Mariolone perché era nato prima del cugino, Mauzzino perché da bambino ricordava alla nonna il famoso leader cinese Mao. E come si chiamava questa nonnina? Maria Picchi, perché i Montano – forse in pochi lo sanno - sono imparentati anche con il grande giocatore Armando Picchi.

Magari allargherò l’albero genealogico quando nei prossimi giorni tutti gli sciabolatori si incontreranno a Livorno per porgere un ultimo saluto a Mario Tullio. Lo merita.
 

Cerca