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Piste&Pedane / "Non servono santi in Paradiso"

Giovedì 16 Maggio 2024

 

fabbri 4 

Il gran timoniere sant’Antonio da Sesto, l’ex Stalingrado d’Italia frena e scaramanticamente borbotta: «Quando mi chiedono di questo momento di gran spolvero dell’atletica italiana rispondo che “è solo culo”…». Ma non è vero.

Daniele Perboni

Che l’atletica italiana sia in salute è quasi pleonastico affermarlo. Dopo l’uragano di Savona, poi, anche i più disattenti se ne sono accorti. Tre primati italiani ed uno mondiale migliorati non sono bruscolini. Tutto è accaduto in una manciata di minuti, non oltre l’ora e trenta.

Pur martoriata dalla pioggia, da una temperatura da fine inverno e con umidità vicina, se non superiore, all’80% in pochi, avrebbero scommesso un centesimo sulla buona riuscita della creatura di Marco Mura. Ma sulla montagnola della Fontanassa, dove nei decenni passati già esisteva una pista risalente al 1983 poi completamente rifatta livellandola con il campo di gioco con terreno portato dalla provincia di Cuneo, nonostante il clima avverso è andata in scena una delle migliori riunioni atletica degli ultimi anni. E non solo a livello nazionale.


Il 22.95 di Leo Fabbri, oltre ad aver letteralmente squassato le liste italiane ed europee ed aver messo in secondo piano il 22.91 di Alessandro Andrei, targato 1987 (una pedana posta al centro del campo di Viareggio che non poche perplessità sollevò) ha elevato ulteriormente sulla vetta internazionale l’allievo di Paolone Dal Soglio. Ora menzionare una medaglia europea ed olimpica non è più bestemmia, ma qualcosa di concreto e laico. Non servono santi in paradiso.

Vederlo roteare, veloce come un’anguilla, sulla pedana umida, affacciata sul mar ligure è un vero spettacolo. Pare il Grande Gigante Gentile, tratto paro paro dal film di Spielberg che a sua volta ne trasse ispirazione dal romanzo di Roald Dahl. I suoi due metri verso il cielo fanno copia con 126 chili (un paio di anni fa erano 149) e 14,4% di massa grassa. Ecco una parte del segreto. L’altra è la velocità di esecuzione spiegata così in una intervista rilasciata a Guido Alessandrini per la rivista federale Atletica: «Per lanciare lontano bisogna essere veloci, elastici, sensibili, decontratti. C’è chi solleva montagne, noi no».

Quasi in contemporanea al 22.95 del gigante toscano, la piccola Zaynab Dosso si è presa la briga di togliersi dal groppone l’ingombrante ombra di Manuela Levorato, con cui divideva il record italiano (11”14). Prima in batteria, sotto una pioggia insistente, ha limato un paio di centesimi (11”12/+1,4), un’ora dopo, a pista asciutta eccola a 11”02/+0,9). Ora è sola lassù, in cima alle liste All-time italiane e seconda in quelle stagionali a livello europeo, preceduta dalla britannica Naita (10”98/+2,0) e a pari merito con l’altra inglese Lansiquot. Gara perfetta la sua? Non proprio. Con una reazione migliore (0,235, la peggiore del gruppo) qualcosina forse si poteva limare. Per ora meglio accontentarsi. I presupposti per migliorare ci stanno tutti.

Due salti, baci, abbracci, tanti autografi ai ragazzini presenti, il tempo di accontentare gli addetti all’antidoping e Mattia Furlani ha lasciato la compagnia a scannarsi per il secondo posto. Destinazione Atlanta. Lo sponsor esige la sua presenza in una gara in piazza. Oggi va così: la guerra commerciale non fa sconti. Ritornato sul luogo del delitto il ragazzo romano non si è tirato indietro.

Come concordato con il DT La Torre si è esibito in una breve gara fuori dal comune. Prima l’8.25/+0,8 per andare sul sicuro poi… nonostante il tecnico gli consigliasse di uscire dalla pedana ci ha riprovato. Da quello splendido corpo ne ha cavato un 8.36/+1,4 (record del mondo under 20) che ha lasciato stupefatti pubblico e tecnici.  «Una vera bestia», lo aveva apostrofato il greco vinci tutto Miltiades Tentoglou, 8.60 di personale, in occasione della sua vittoria ai Mondiali indoor di Glasgow del marzo scorso (8.22), dove Mattia si piazzò al secondo posto con la stessa misura. Anche per Furlani una medaglia europea sembra essere sicura.

A proposito di medaglie il gran timoniere sant’Antonio da Sesto, l’ex, ma tanto ex, Stalingrado d’Italia frena e scaramanticamente borbotta: «Quando mi chiedono di questo momento di gran spolvero dell’atletica italiana rispondo che “è solo culo”…». Ragione da vendere? L’atletica non è matematica pura, anche se in alcune occasioni ci è vicina. Il fato è sempre in agguato, pronto a metterci lo zampino ed i poveri umani non hanno alle spalle gli dei pronti ad aiutarlo come fece Atena con Ulisse. Proprio a Savona ne abbiamo avuto un piccolo esempio, con l’infortunio patito da Lorenzo Patta nella prima batteria dei 100 (secondo in 10.18/+1,8). Una piccola elongazione del muscolo dicono i primi referti. Esami più approfonditi diranno se Roma è ancora alle porte.

Sta di fatto che rispetto a pochi anni addietro gli azzurri dal faticare a trovare una corsia nei meeting all’estero, ora vengo ricercati sistematicamente.
 

 

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