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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





www.sportolimpico.it

Piste&Pedane / Ayomide Folorunso: una continua sorpresa

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Martedì 1 Agosto 2017

folorunso-2 2

di Daniele Perboni

Scrive il direttore «…potremmo iniziare qualche intervista con gli “emergenti”... Avevi fatto qualcosa del genere per la Zenoni e non le abbiamo portato grande fortuna…». Ma cosa stai dicendo! Anche tu prigioniero di queste superstizioni? Niente sfortuna. Diciamo piuttosto che le abbiamo portato in dote una sfida galattica. Da allora sembra che tutto le sia andato storto. Dunque, che facciamo? Ci mettiamo in tasca un cornetto? Gettiamo il sale alle spalle (quella sinistra, attenzione)? Purifichiamo i nostri chakra con fiori freschi? Oppure ce ne freghiamo e andiamo avanti sfidando la sorte? L’ultima proposta ci sembra la migliore. Yeman Crippa, Ayomide Folorunso (foto Colombo/Fidal) o Yohanes Chiappinelli? Spazio alle “quote rosa”.

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Scherma / Lipsia 2017: un nuovo Mondiale da incorniciare

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Sabato 29 Luglio 2017

sciabola donne 2

(gfc) Il serbatoio dello sport italiano è sempre pieno. Ancora e per fortuna un “mondiale” targato Italia: primo posto nel medagliere con quattro Ori, un Argento e quattro Bronzi sulle sei gare canoniche, ma soprattutto tanta vitalità e, perché no, continuità quasi senza eccezione. Se si guarda un po’ indietro, alle passate edizioni, il bilancio 2017 è tra i migliori in assoluto, a ridosso del record che restano le 11 medaglie del Cairo 1949 e Catania 2011. Ma il risultato d’assieme è stato impressionante, pur con qualche zona d’ombra (leggi spada, un settore in chiaro-scuro non ancora all’altezza degli altri). Si torna dalla Germania con la consapevolezza di aver iniziato il nuovo quadriennio nel migliore dei modi. L’arma da parata resta il fioretto, sempre prolifico di successi, seppure questa volta privo di Elisa Di Francisca, prossima a diventare mamma.

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Saro' greve / Montano: questa volta saro' lieve (e commosso)

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Domenica 30 Luglio 2017

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di Vanni Lòriga

Questa volta, ricordando che siamo su un sito dedicato allo sport olimpico, tratterò di Scherma. Come tutti sanno si tratta della disciplina che più ha contributo al medagliere azzurro in occasione dei Giochi Olimpici e dei Campionati mondiali. Avrei voluto interessarmi del recente appuntamento iridato a Lipsia dove le lame azzurre hanno dominato la scena. Ma nel frattempo è giunta la notizia che Mario Tullio Montano ci ha preceduto sul traguardo. Chi era questo Montano ci ha lasciato? Rinvio ad altra data la storia della attuale scherma italica (e del Dream Team) e mi concentro sui primi giorni del mese di settembre del 1972.

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Nuoto / Il settimo sigillo di Federica: un album per la storia

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Giovedì 27 Luglio 2017

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di Gianfranco Colasante

Nell'incredibile giornata di ieri - vero mercoledì da leoni per lo sport italiano - tra il luccichio delle tre medaglie d'oro mondiali (Gabriele Detti sugli 800, col campione olimpico Gregorio Paltrinieri al terzo gradino, e la tanto attesa squadra maschile di Fioretto a Lipsia), quella di Federica Pellegrini ha riflessi del tutto particolari. Destinata alla storia dove entra con impatto devastante. Settima finale mondiale sui 200 stile (la prima, con argento, nel 2005 a seguire il sorprendente secondo posto di Atene), una rimonta nella quarta vasca che finirà nei libri di tecnica con quel 28"82 che l'ha portata dal quarto al primo posto (1'54"73), un meditato e atteso regolamento dei conti con l'americana di lungo corso Katie Ledecky, che l'aveva battuta due anni fa e che non perdeva dal 2012, e l'australiana Emma McKean, che a Rio l'aveva lasciata ai piedi del podio. Tutte e due finite a 45/100, appaiate al secondo posto, segno di una resa condivisa e incondizionata.

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I sentieri di Cimbricus / Uno splendido futuro dietro le spalle

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Giovedì 27 Luglio 2017

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di Giorgio Cimbrico


Sono stato costretto da un’ingenuità – probabile confini con la stupidità – a giungere a un’età ormai avanzata per accorgermi che le visioni apollinee o dionisiache che sono stati parte integrante della mia formazione, di amici che avevo al fianco o di altri trovati durante la strada, non fanno più parte dello scenario, non contano, non esistono più. Per molti non sono mai esistite. Chiarisco: sto parlando di sport, non di filosofia o di storia delle idee, lo sport in cui mi sono imbattuto nel 1960: Livio Berruti e Rafer Johnson, Otis Davis e Kaufmann, Elliott (che ebbi la fortuna di conoscere e con cui ebbi un ineressante scambio di opinioni) e la signorina Rudolph, Oerter e Hary assunsero la dimensione del bello, dell’assoluto, dell’indimenticabile, diventarono le fondamenta di un edificio, di un museo di immagini, di momenti, di sensazioni, di volti che avevano una forza che poteva essere dolcissima o sferzante: la prima volta che vidi un cambio di passo, una finta elusiva di Barry John, provai lo stso improvviso dell’anima e inserii anche il Principe di Galles nella wunderkammer della mia coscienza.

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