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Saro' greve / Storia segreta di una settimana magica
Domenica 23 Giugno 2019
Quando i nostri velocisti abitavano nei piani alti dello sprint mondiale. Prima dell’era Mennea, il confronto/scontro tra Sergio Ottolina e Livio Berruti illuminò una delle più belle stagioni dell’atletica tricolore.
Vanni Lòriga
Proprio tutti i lettori di SportOlimpico sanno cosa si verificò nella velocità italiana esattamente 55 anni fa? Ritengo di sì, ma per i pochi che non lo ricordassero, lo riassumo. Si tratta della famosa “settimana firmata Sergio Ottolina”, la più simbolica dello sprint nazionale. Questi ne furono i capisaldi:
• 20 Giugno 1964, Saarbrücken – 100 m in 10”4
• 21 Giugno 1964, Saarbrücken – 200 m in 20”4/1,4 [RE/RI]
• 23 Giugno 1964, Zurigo – 100 m in 10”3
• 27 Giugno 1964, Milano (Camp. Naz.) – 100 m in 10”3
• 29 Giugno 1964, Milano (Camp. Naz.) – 200 m in 20”5
La foto mostra Ottolina nell'ultima frazione della 4x100 che chiuse vittoriosamente (39"8/RI) l'incontro Germania Fed.-Italia di Saarbrucken.
Piste&Pedane / E se rimettessimo i piedi per terra?
Venerdì 21 Giugno 2019
Anche nel meeting di seconda fascia di Ostrava, Tortu si ferma a un quinto posto di scarso rilievo. Continuiamo a credere che si tratti di una delusione da cui ripartire. Sebbene con diversi dettagli tecnici da rivedere.
Daniele Perboni
Serata fuori dal consueto. Dopo la visione del “Golden Spike” di Ostrava si va a far bisboccia con i soliti vecchi amici, nel solito vecchio locale un po’ fuori mano, frequentato da gente che proprio non ne vuol sapere di accomodarsi alla tavola dell’odio servito come aperitivo, primo, secondo, dolce e frutta. Un po’ nostalgici della izquierda, ma gente “giusta”. Trovi anche tipi strani assai e vecchie conoscenze che riconoscendoti ti si attaccano come sanguisughe. Come dice, scusi? Se sono al corrente di cosa ha fatto il Pippo? Si tolga quel sorrisino dal viso, per favore. Ho detto Pippo, Tortu precisiamo, e non certo quello che lei pare abbia compreso, sbagliando. Lo ripeto: ho detto Pippo, con la o finale.
Fatti&Misfatti / La solitudine del numero sette
Venerdì 21 Giugno 2019
Non sappiamo dire se l'avevamo previsto o solo temuto, ma questa inedita sfida-scudetto dei due mari è arrivata al fatidico numero sette. In attesa del Messina-2, il ritorno (o la vendetta?).
Oscar Eleni
Da Mons Luponi, campagna sottana pavese, dove andrà in pensione Varenne dopo averci regalato corse splendide e 2000 figli. Voglia di tornare a parlare con un cavallo che di settime partite ne ha vissute e vinte tante quando trottava per il mondo. Lui, Varenne, e Frankie Dettori, trionfatore al Royal Ascot, come rideva la Regina, sono i ricordi belli della professione quando ti mandavano a cercare emozioni fuori dal tuo cerchio. Erano momenti speciali e se avevi come Virgilio il Raimondi stavi bene anche a San Siro. Stupendo il cavallo, un gradino sopra tutti il fantino, lui, Varenne, trottatore, lui, Dettori, il mostro che sussurrava ai suoi purosangue e vinceva.
I sentieri di Cimbricus / Un discobolo scolpito in marmo nero
Giovedì 20 Giugno 2019
Anche la storia si può scrivere sul filo dei centimetri (o dei metri?), se si pensa a quel picchetto lontano, infisso ad oltre 74 metri: a chi potrebbe toccare di abbatterlo tra il cariibico Dacres e il pallido Stahl?
Giorgio Cimbrico
Fedrick Dacres non è il primo (ma come si dice? afro, nero, di pelle scura, non caucasico: non so più come cavarmela) a lanciare il disco a più di 70 metri. Prima di lui, due cubani, Luis Mariano Delis, 71.06, e Juan Martinez, 70 esatti, entrambi attivi negli anni Ottanta. Detto per inciso, Delis è quello che venne fregato a Mosca ’80: l’ultimo lancio venne misurato con una certa “manina secca” dai giudici sovietici e testimoni assicurano che gli sottrassero almeno un piede, una trentina di centimetri. Vinse il russo Viktor Rashchupkin, un signor nessuno, con 66.64 e Luis Mariano, che al posto del torace aveva una cassetta degli attrezzi, finì terzo con 66.32.
Fatti&Misfatti / Cercando un po' d'aria fresca
Mercoledì 19 Giugno 2019
Sulle finali scudetto fra Venezia e Sassari tutti d’accordo: si gioca in posti dove tutto è stravolto: trombette, afa, palla sapone, rumore, faccine e faccette di gente che magari ha usato l’accetta per fermare il nemico.
Oscar Eleni
Dalla Groenlandia per calmare i cani da slitta che nuotano dove c’era il ghiaccio e pensano di essere in Cambogia. Il caldo. Lo sfascio di chi se ne frega se bruceremo prima qui che all’inferno. Questo mondo dove ai ricchi i poveri fanno davvero schifo se possono mandare in giro una bambina con due chili di coca fra le immagini sacre, se bisogna mettere telecamere negli asili e negli ospizi per tutelarsi dai veri orchi che girano anche negli ospedali. Siamo pecore al servizio, delusi da troppe cose, stupidi e anche ingenui se non riusciamo a capire perché Totti ha lasciato la sua Roma parlando dalla sala d’onore del CONI; boccaloni da lago inquinato se ci disperiamo per il nuovo fermo di Michel Platini l’incantatore.
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