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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Piste&Pedane / (8) "Sono stata proprio una bischera"

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Venerdì 9 Agosto 2024


iapichino-go24


Le parole a caldo di Larissa, rimasta ai piedi di quel podio che pareva alla sua portata (quasi una costante, per gli azzurri di tutte le discipline, il quarto posto). Intanto cade il quarantennale record di Gabriella Dorio: è già storia.                

Daniele Perboni

L’uomo dei quattro ori, l’invincibile, il jet umano, colà dove si puote ciò che si vuole, la velocità c'est moi, colui che dichiarò al mondo intero di voler far impallidire i connazionali Carl Lewis e Jesse Owens, è andato a schiantarsi, complice il Covid (contratto due giorni dopo la finale dei 100), contro l’invalicabile muro di Leslie Tebogo. Annichilito dal 19”46/+0,4 (record africano) del giovane rappresentante del Botswana. 

Ventun’anni, primo africano a vincere il titolo olimpico nei 200, Tebogo è al secondo record nazionale in questa Olimpiade. Il primo (9”86) lo ha centrato con il sesto posto nei 100, mentre il fantastico 200 parigino lo ha costruito negli ultimi 50 metri. Inarrestabile. Alle sue spalle Kennedy Bednarek (19”62) e terzo Lyles (19”70).

"Sono il campione olimpico – le prime parole di Tebogo – è un sogno, un momento incredibile. Dopo la semifinale il mio allenatore mi ha detto: ‘ora è la tua gara’. Sapevo che Kenny sarebbe scappato, quindi mi sono assicurato solo di non farmi travolgere pensando: ho quella velocità di base che mi permette di finire la gara senza stancarmi (44”29 il suo record nei 400 e 30”69 nei 300), quindi è quello che ho fatto, e quando ho visto Kenny alle mie spalle già sapevo che Noah era molto, molto più dietro. Ed ora sono il campione olimpico. Questa vittoria significa molto per il mio paese, il continente e la mia famiglia”.

LARISSA – Altre speranze spezzate arrivano dalla pedana del lungo, dove la giovane Larissa Iapichino, non è riuscita a piazzare la zampata vincente. Ha perso, anche nettamente, ma le si può concedere l’onore delle armi. Un cavalleresco inchino per festeggiare la sua ancor giovane carriera. Il 6.87/-0,1 piazzato alla seconda discesa in pedana non le è bastato per salire sul podio. A spezzare le ali alle ragazze in pedana ci ha pensato la statunitense Tara Davis-Woodhall, andando a pestare la sabbia dopo la fettuccia dei sette metri (7.05/+1,1), per incrementare ulteriormente il vantaggio sino ai 7.10/+0,8 del quarto tentativo. Per Larissa arriveranno altri momenti, altre occasioni per mettere in mostra l’enorme suo talento. 

Intanto dalle parti di Casa Italia si levano alte le voci e le preghiere delle prefiche che piangono ed esaltano gli stanchi eroi che potevano, forse, ma non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. Inutile stare a ripetere quanto già scritto in precedenza. Questo è lo sport. Queste sono le Olimpiadi. Punto e a capo.

SINTANE – Fra tante delusioni qualche lampo di luce buca le nuvole per illuminare vecchi e assonnati aficionados che, imperterriti e quasi instancabili, continuano a farsi del male davanti allo schermo di una tv che costringe a saltabeccare da un canale all’altro alla costante ricerca di qualcosa o qualcuno che possa darci piccoli bagliori di felicità. È il caso di Sintane Vissa, 28 anni, proveniente dall’Etiopia, dove è nata il 29 luglio 1996. Adottata, nel 2006, da una coppia di Pozzecco di Bertiolo (Udine) ora vive e si allena negli Stati Uniti, dove si è trasferita per studiare alla Saint Leo University, in Florida, e dal 2021 ha frequentato l’ateneo del Mississippi con sede a Oxford. Dall’autunno del 2022 vive e si allena a Boulder (Colorado) ed è seguita dall’ex primatista statunitense dei 5.000, Ritzenhein.

Evidentemente la cura “americana” le ha fatto un gran bene. Sempre ai primi posti italiani delle distanze che spaziano dagli 800 al miglio, pur non riuscendo ad entrare fra le migliori dodici finaliste si è presa la soddisfazione di scalzare dall’albo dei primati una “nobile” illustre come Gabriella Dorio e il suo antico (25 agosto 1982) record italiano dei 1.500 (3’58”65). Abbassandolo a 3’58”11. Pochi decimi ma grande soddisfazione. “Per ora mi prendo il record, poi la finale arriverà – racconta ‘Sinta’ – e ce ne saranno altre di gare. È un onore essere la prima italiana a battere questo primato dopo tanti anni, mi ripaga del duro lavoro e delle scelte che ho fatto. La gara? Bellissima! Me l’avevano detto tutti che non avevo niente da perdere e quindi ho osato”.

ALTRO – Che dire di Sydney Mclaughin? Il suo primato mondiale di 57”37 parla da solo. Una stella, una forza della natura, inarrestabile e imprendibile. Anche per l’olandese Femke Bol che sognava di poterla battere proprio in questa occasione. Niente da fare. L’orange ha dovuto cedere anche all’altra statunitense Anna Cockrell (51:87 a 52”15). Evidentemente non aveva ancora del tutto “digerito” i turni eliminatori sommati ai due 400 della staffetta mista che ha portato sul gradino più alto del podio, con un recupero sensazionale.

Chiudiamo con un accenno alla 4x100 azzurra: quinti (38”07) e ripescati per la finale. Melluzzo, Jacobs, Desalu e Tortu si mostrano ottimisti lanciando parole di rivincita. Potrebbe anche scapparci una medaglia. Ma il volto e la smorfia di Pippo dopo l’arrivo raccontano tutt’altra storia.


Foto di GRANA / FIDAL FIDAL

 

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